TATUAGGI CANCELLATI
E in effetti, nelle immagini del catalogo, nei confronti della Canalis è stato usato lo stesso riguardo di un fantoccio. Un taglio dalla bocca in su e uno dall’ombelico in giù, in questo modo l’azienda intendeva rendere irriconoscibile la modella e continuare a usare le sue foto per la linea di slip e reggiseni battezzata, appunto, Eli. Non solo: per completare l’opera, ha cancellato i tatuaggi che la modella ha sulle braccia. Un lavoro minuzioso sanzionato dal tribunale di Milano, che ha condannato la società emiliana a risarcire all’attrice quantificando in 130 mila euro il danno patrimoniale per l’indebito sfruttamento delle foto e in 30 mila euro il danno morale per «abusiva manipolazione dell’immagine».
«SOLO IMMAGINI TECNICHE»
In base al contratto firmato, Elisabetta Canalis è stata testimonial dell’azienda per un anno, da marzo 2013, a fronte di un compenso di 110 mila euro. I suoi scatti in biancheria intima sono stati usati dalla Lomar per cataloghi, cartelloni, pagine pubblicitarie e siti internet. Quanto l’accordo è scaduto, per continuare a pubblicizzare la linea Eli il marchio ha elaborato al computer le foto. «Mere immagini tecniche nelle quali la modella ritratta è stata resa irriconoscibile», è stata la difesa dei legali della ditta emiliana. Che non ha però convinto i giudici della sezione specializzata in materia di imprese. Per il collegio giudicante, presieduto da Claudio Marangoni, non solo «non è credibile che la scelta del nome Eli sia stata del tutto “casuale” e dettata dalla difficoltà di reperire altri nomi femminili da associare».
Ma «la manipolazione delle foto mediante il taglio del volto (tranne la bocca, i capelli e parte del viso) e l’eliminazione di quelle caratteristiche impresse» dalla Canalis «permanentemente sul corpo (i tatuaggi) con l’intenzione di darsi un’identità specifica e unica», costituiscono «un atto gravemente abusivo dell’immagine della persona».
Riflette l’avvocato Gloria Gatti, esperta di diritti d’autore: «La manipolazione delle foto mediante il taglio del viso e l’eliminazione delle sue caratteristiche impresse, è un atto molto grave di abuso d’immagine. La mia cliente è stata trattata come un manichino. Sembra un paradosso ma è proprio nell’epoca delle scelte a tempo che il tatuaggio si impone come simbolo del per sempre. La persona così trasforma in maniera permanente il suo corpo».
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