Marina La Rosa: «Tanti ci hanno provato e ci provano con me. Certi uomini mi hanno accolto con le braghe calate»

Sono una figa spaziale», risponde Marina La Rosa alla domanda: «Come si considera?». Capire dove finisce lo scherzo e inizia la consapevolezza, è inutile. Con lei l’apparenza diventa sostanza, le forme perdono il significato primario e si rigenerano; il gioco è palese, così palese, da sembrare scontato, in realtà è sottile e gestibile solo da chi ha piena coscienza di se stesso, senza troppe ipocrisie o congetture mentali. Altrimenti si scade nel ridicolo. Marina La Rosa è giocoliera di sentimenti e sensazioni, provoca con un sorriso sottile, ammicca tra le righe, veste con una tutina floreale molto chic, sbottonata e senza reggiseno. Ogni tanto la scollatura va oltre, allora si sistema con una smorfia di leggera noia, come in un soft-movie degli anni 70, e allora l’immaginazione vinceva sulle immagini. Quando parla ama i rettilinei mentali, niente curve, alcuna perdita di tempo, meglio evitare i comuni e salvifici diaframmi e, a differenza di altri suoi compagni di viaggio, rivendica il punto di partenza (televisivo) grazie al Grande Fratello, e l’approdo all Isola dei Famosi, dove «la gente ha scoperto in me una donna con un grande equilibrio». Quindi?

«Ora mi scrivono i loro problemi, ed è incredibile».

E che cosa fa?

«Cerco di rispondere a tutti: se una persona ti confida una sua problematica, è doveroso non ignorarla».

Non la spaventa?

«No, sorrido solo per questa troppa fiducia nei miei confronti».

Alda D’Eusanio ha dichiarato che lei è la più equilibrata di tutti.

«Davvero? Se pensiamo all’Isola, ci sono dei fondamenti di verità».

Ecco.

«Però sono stupita di me: sono andata lì senza certezze, solo curiosa di scoprire come avrei concluso, di attendere e verificare le mie reazioni: da anni vedo il programma e a un certo punto, è sistematico, sbreccano per un nonnulla». I toni bassi la caratterizzano da sempre.

«A casa mia, in questi anni, è passato chiunque per una terapia».

In che senso?

«Gli amici arrivano, si piazzano sul divano, affrontano argomenti importanti, si cerca il centro della questione; tutti dicono di trovarsi bene nel dialogo con me, un po’ per il tono, un po’ perché credo ci sia sempre una soluzione, basta individuare il reale problema».

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Per cui…

«Un’amica mi prende in giro, e ripete: “Se non hanno un trauma, non possono essere amici tuoi”. Però è vero: trovo più interessanti i soggetti con fragilità, rispetto a quelli che ostentano sicurezza». Detto questo?

«Da qui a pensare di affrontare così 17- sola, ce ne corre. Non credevo». Proprio stupita.

«In questi vent’anni sono cresciuta e cambiata, e adesso mi regalano i loro interrogativi».

Regalo?

«Lo è».

A volte il mondo dello spettacolo manifesta forti disagi.

«A volte? Siamo tutti dei disadattati. Anzi, il più equilibrato è un disadattato». È un’osservatrice dei costumi.

«La mia forza è dare la giusta importanza ai vari aspetti della vita; 20 anni fa, entrando nel mondo della scatola magica, ho scoperto l’impensabile». Tradotto?

«Persone che sgomitavano per ottenere un piccolo ruolo, debolezze, follie, approssimazioni mentali».

Per “sgomitare” sono disposti a tutto…

«Anche a inventare matrimoni; per un attimo sono arrivata a incasellare come “fasulla” pure la storia di Marco Carta (fermato a Milano per un presunto furto di magliette)».

Addirittura.

«Sì, senza alcuna certezza o informazione, la mia testa ha derubricato a invenzione per ottenere visibilità».

Si è laureata in psicologia.

«Quattro anni fa, da vecchia».

Con quanto?

«108».

Dispiaciuta del mancato 110?

«No, studiare da adulta è stato divertente, mi presentavo all’esame ultra preparata, non potevo solo sfangare la prova, cercavo il confronto con il docente».

E allora il 108?

«Sulle materie scientifiche accettavo pure 24, non le amo; a un esame, su una domanda dedicata alla quantistica, ho risposto al professore: “Mi scusi, ma non ho la sua stessa passione per l’argomento”. È scoppiato a ridere».

La verità, sempre.

«Dopo uno si sente più leggero».

Il teatro.

«Poteva diventare una droga: non avessi avuto due figli forse avrei continuato». Una droga, diceva.

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«Quando entri in scena è come stare sotto effetto di uno stupefacente: non sei più tu, e dopo la recita è necessario del tempo per tornare se stessi». Nell’immaginario collettivo del GF 1 siete rimasti lei e Taricone, i due più veri.

«Probabilmente è così. (Cambia sguardo, va su un’altra dimensione) Pietro era fantastico».

Voi molto legati.

«Poteva parlare con chiunque, dal più umile allo scienziato, sempre con il suo atteggiamento disponibile e curioso. Un ragazzo incredibile, un cuore enorme, un fuoriclasse» (per l’aperitivo le servono un assaggio di carne: «Grazie, non la mangio»).

Vegetariana?

«Quando avevo 15 anni, sotto Natale, accompagno mia sorella in macelleria, entro e trovo delle carcasse di animali gocciolanti sangue. Posso ancora ritrovare quell’odore terribile».

Lei è molto bella.

«Non è detto».

Ha molto fascino.

«Questo sì».

Anche ai tempi del liceo?

«Eravamo tutte donne e appena dieci ragazzi, quindi le mie frequentazioni erano esterne. Però sì, sono sempre stata così e venivo scansata».

Da chi?

«Dalle altre donne, stavo sulle palle. Mi capita spesso».

Il Gf ha sradicato la sua gioventù?

«Ha solo vincolato alcune scelte, devi tenere a mente che sei riconoscibile». Sempre…

«Chi per primo mi ha rivelato cosa vuol dire “riconoscibilità” è stato Biagio An- tonacci».

Come?

«Avevo 20 anni, era a Catania per un concerto. Dovevo conoscerlo. Chiedo a un’amica di prestarmi il suo cartellino da giornalista, mi presento allo stadio per la conferenza stampa, ma sbaglio orario: “Guardi che è finita”». Dolore.

«Non mi arrendo, e Biagio accetta

due battute in privato. Entro. Restiamo soli. Io con taccuino e penna. Dopo due minuti confesso la verità».

E lui?

«S’incazza con la sicurezza, poi rientra e scoppia ridere: entusiasta del mio gioco. E da lì è iniziato un confronto intenso, nel quale mi ha confessato il lato B del successo, il non potere mai stare solo. Qualche anno dopo ho capito».

A 23 anni è diventata grande tutto insieme.

«Prima di entrare al Grande Fratello avevo viaggiato pochissimo, visto pochissimo, conosciuto ancora meno; la mia non era una famiglia agiata, a 18 anni lavoravo per pagare gli studi».

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Sua madre l’ha rimproverata per gli atteggiamenti nella casa del GF? «No, è la prima domanda che le ho fatto». Subito.

«Arrivata a Messina ho trovato il sindaco davanti casa, la folla di persone, io affacciata al balcone per rispondere a quell’onda di affetto. Mentre volevo solo togliermi il peso del dubbio e sapere da mamma se avevo sbagliato o meno». La sensualità le ha creato problemi? «Non particolari, però tutti ci provavano – o ci provano – perché si sentivano quasi invitati dal mio atteggiamento». Stoppa al dunque.

«Quando lo capisco, altre volte no». Situazioni imbarazzanti?

«Anche uomini che mi hanno accolta in mutande».

Elei?

«Sono scoppiata a ridere e ho salutato».

Questo mondo è come se lo immaginava?

«Da adolescente guardavo i programmi televisivi e pensavo: “Questi si divertono e sono amici”. Poi ho scoperto che dietro al sorriso si mandano a cagare». Gli scontri giovano agli ascolti. «Oggi sì. E quando capita sto male». Nei reality si litiga.

«l”Isola per fortuna, altrimenti non accadeva nulla».

Ne è valsa la pena.

«La consiglio a tutti».

Altra terapia.

«Quando ricapita di stare due mesi e mezzo senza telefono, senza nessuno, senza vere responsabilità? Però entri in una dimensione di privazione con sentimenti di perenne precarietà».

Tosto.

«Chi ci lavora è bravissimo, seri, non ti rivolgono la parola».

Sicuro li ha provocati.

«Appena si avvicinavano l’operatore e il fonico, da sdraiata gli accarezzavo la gamba con il piede. Loro immobili!». Suo marito è geloso?

«Sì».

Lei?

«Una volta, oggi no».

Controllava il cellulare?

«È capitato. Fase passata, la trovavo mortificante. La verità di un rapporto non passa da queste minuzie mentali». (Scriveva Antonio Gramsci a metà degli anni Trenta: “Non c’è niente di più rivoluzionario della verità”).


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