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Operazione sorpasso. Grazie all’incredibile sconfitta del Milan a La Spezia (e il contemporaneo ko della Juventus a Napoli), l’Inter stasera battendo la Lazio potrebbe andare in testa alla classifica, a una settimana dal derby, e allungare sui bianconeri. Un’occasione ghiottissima, anche se ieri Antonio Conte, prima di iniziare a concentrarsi proprio sul match coi biancocelesti, è voluto tornare su quanto accaduto martedì a Torino.
Una vicenda che vivrà “il suo secondo tempo” nei prossimi giorni, quando i diretti interessati verranno sentiti dalla Procura Federale: «Penso sia giusto chiarire quanto successo, visto il risvolto mediatico – ha spiegato il tecnico salentino in conferenza stampa prima ancora di ricevere le domande -. La verità l’hanno vista e sentita tutti, questo per me è importante. Detto questo, che si tratti di calciatori, allenatori o dirigenti, siamo dei modelli educativi e siamo tenuti a ricordare sempre questo.
A me dispiace, sono qui per scusarmi perché a una provocazione e a degli insulti ho reagito nella maniera sbagliata. Avrei potuto reagire in modo più simpatico, applaudendo o alzando un pollice, facendo capire che ascoltavo quello che mi veniva detto e sarei stato più positivo. Mi dispiace e quindi ne farò tesoro per la prossima volta. Chiuso, ora concentriamoci sul campo». Conte ha dunque chiesto scusa, ma ha comunque voluto sottolineare la provocazione ricevuta. Detto ciò, ora c’è la Lazio e un primo posto all’orizzonte.
All’andata – 1-1 a Roma – i nerazzurri affrontarono la squadra di Inzaghi nel suo momento meno brillante, oggi la Lazio è in formissima («sono una realtà consolidata del campionato, hanno qualità, fisicità e vengono da tante gare vinte consecutivamente») e vincendo a San Siro rientrerebbe di diritto nella corsa scudetto. Anche l’Inter, però, nonostante l’eliminazione dalla Coppa Italia, sta bene e in campionato non subisce gol da quattro gare: «Non è un caso se oggi prendiamo meno gol – ha spiegato il tecnico nerazzurro -. A inizio anno eravamo molto aggressivi e lasciavamo tanto campo dietro ai difensori.
Ora abbiamo trovato equilibrio, anche se non rinunciamo alla pressione ma decidiamo quando e se farla. Abbiamo avuto benefici a livello difensivo, ma creiamo ancora tanto». Anche se, i gol sbagliati rimangono un tallone d’Achille dell’Inter: «Concretizzare di più alla fine ti evita di avere delusioni, se non fai gol ti ritrovi ad uscire delle competizioni – ha aggiunto Conte, parlando poi del momento di Lukaku -. Non posso credere che Romelu stia pensando a qualcosa che non è il calcio giocato (riferimento all’episodio con Ibrahimovic nel derby di Coppa Italia, n.d.r.). Sa che per noi è un giocatore importante, le ultime prestazioni sono state un po’ opache, ma sa che abbiamo bisogno di lui e contiamo su di lui». Vincere con la Lazio per proseguire la rincorsa scudetto e salire un gradino verso quel salto di qualità che secondo Conte l’Inter deve ancora fare: «Non è stato compiuto ancora in maniera definitiva – ha chiosato Conte -. Sono stati fatti passi da gigante, i nostri avversari lo hanno capito e ci rispettano, ma sappiamo che il percorso per colmare tutte le situazioni non può essere di un anno e mezzo. Credo che l’Inter abbia riconquistato credibilità, solo uno stupido non vede i progressi fatti in questo anno e mezzo».
Una discreta carriera tra Slovacchia, Germania, Italia ed Inghilterra. Con un errore indelebile che ne macchia di fatto l’esperienza in Serie A. Sono passati quasi vent’anni da quel Lazio-Inter del 2002 che costò lo scudetto ai nerazzurri. E Vratislav Gresko ancora viene oggi indicato come il maggior responsabile di quella storica debacle: «Domandarsi cosa avremmo potuto fare di diverso mi sembra una polemica inutile: succedono cose ben più gravi nella vita – specifica l’ex calciatore in un ottimo italiano -. C’è una storia da accettare. Ora conta il futuro».
Lei però fu bersagliato dalle critiche. «In Italia si parla tantissimo di calcio. Si deve stare attenti a non subire lo stress e affrontare quello che ti capita. Ogni calciatore, prima o poi, viene criticato. Se non mi fossi rialzato dopo quell’errore, non avrei potuto più giocare a certi livelli».
Tutti si ricordano di quel 5 maggio, in pochi di alcuni risultati negativi precedenti. «Non avremmo dovuto pareggiare col Chievo alla penultima giornata. Né perdere a San Siro contro l’Atalanta».
Ma è vero che lei il giorno successivo alla Lazio – come dichiarato da Ventola – andò a fare shopping e fu protetto dalla polizia?
«No, questo episodio non è mai accaduto». Nella sua carriera ha perso per ben tre volte il titolo all’ultima giornata.
«Era già successo con un’altra Inter, quella di Bratislava. E col Leverkusen. Non sbagliai io né in Slovacchia, né in Germania. E in entrambi i casi non venne mica ammazzato qualcuno nello spogliatoio. In Italia c’è una mentalità diversa rispetto agli altri Paesi. Ma lo sport è così: si vince e si perde».
Le piace l’Inter attuale? «Giocano bene. È una squadra ben organizzata. Peccato siano stati eliminati in Champions League e poi in Coppa Italia. Antonio Conte resta un ottimo allenatore. Non so se vinceranno il campionato, lo spero, ma sicuramente possono farcela».
Il suo connazionale Skriniar è una certezza. «Milan si è ripreso, ha superato il periodo di difficoltà della scorsa stagione. È giovane, deve stare attento affinché non capiti di nuovo. Ma milita in una squadra forte: potrà essere aiutato anche dagli altri giocatori».
C’è anche Arturo Vidal, suo ex compagno di squadra al Bayer Leverkusen. «Arturo è Arturo. È unico, ride sempre. Tranne quando viene sostituito, ma questo è normale, succedeva pure a me (ride, ndr)».
In fascia c’è un treno come Hakimi. «Non mi piace parlare dei singoli. L’Inter ha giocatori che fanno la differenza, sappiamo quali siano. Ma conta il concetto di squadra. Si vince e si perde in 11. Ci faccia caso: si parla sempre di chi segna e poco di quelli dietro. Poi se i difensori sbagliano, vengono subito tirati in ballo…».
Di che cosa si occupa attualmente? «Coltivo la mia passione per il teatro. E sono il mister dell’Under 15 del Banska Bystrica. È una bella esperienza, alleno pure mio figlio, lui è un centrocampista centrale».
Le piacerebbe se ripercorresse la sua carriera? «Non dipende da me, ma da lui. Le faccio una confessione. Se in futuro dovesse diventare professionista, e mi chiedesse un consiglio su dove giocare, io risponderei: ‘Italia’. Ricordo tutto del periodo all’Inter. E reputo la vostra nazione, un Paese straordinario. Tanto che parlo con i miei figli in italiano: conoscere più lingue straniere, oltre all’inglese, è importante per il futuro dei giovani».
Di questi tempi, lo scorso anno, la Lazio aveva già battuto l’Inter all’Olimpico e ce l’aveva alle spalle per puntare la Juventus. Poi arrivò il Covid in piena rincorsa biancoceleste e Simone Inzaghi mastica ancora amaro per quello scudetto che per molti – senza pandemia – nessuno avrebbe tolto all’aquilotto.
La sfida tra Inzaghi e Conte si ripropone, ma con toni più soft, «consapevoli» per dirla alla Inzaghi. Da un lato, umili vista la «forza dell’Inter», dall’altro «consapevoli della nostra forza». E con una sceneggiatura che, al momento, lo stesso Inzaghi vede diversa da un bis dello scorso anno. Anche di questi tempi, diceva che «il nostro scudetto sarà il ritorno in Champions dopo 10 anni». Ora che ha conquistato gli ottavi della coppa regina d’Europa e gli si chiede di restarci, per adesso va bene così: «Il nostro scudetto è tornare in Champions dopo aver raggiunto gli ottavi quest’anno».
Il fatto è che la Lazio è tornata esattamente quella dello scorso anno. E lo stesso Inzaghi lo ripete spesso, come anche ieri: «Con tutti gli uomini a disposizione venderemo cara la pelle con tutti» E poi ancora: «Prima del Covid lo scorso anno ci stavamo giocando lo scudetto con loro e con la Juve». E non si capisce se lo dica più con spirito di rivincita o di rassegnazione. Ma sta di fatto che la Lazio arriva all’appuntamento di San Siro forte di sei vittorie consecutive e alla ricerca del settimo sigillo che la proietterebbe a -4 dai nerazzurri ma sempre a -6 dalla capolista Milan. La rincorsa dei biancocelesti coincide comunque con il mantra di Inzaghi: Immobile di nuovo in continuità da Scarpa d’Oro, Milinkovic ancora più responsabile e presente negli ingranaggi fondamentali della squadra, un Reina in più che garantisce sicurezza al reparto arretrato, un Luis Alberto che nonostante l’operazione d’appendicite ha segnato in campionato già come lo scorso anno ma con la metà delle partite giocate, e una «consapevolezza» che Simone Inzaghi invoca proprio per partite come quella di stasera.
Dove la Lazio dovrà mettere in campo «una grandissima gara di corsa, aggressività e determinazione». Vedremo dopo stasera come si metterà, ma intanto il tecnico laziale ieri ha ammesso che per ora «l’Inter è favorita con la Juventus per vincere il titolo. Poi c’è il Milan che sta facendo grandissime cose e ci siamo noi con altre squadre che siamo lì». Diceva così pure lo scorso anno, suppergiù di questi tempi. Solo il Covid poi gli avrebbe dato ragione, ma quella è un’altra storia.
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