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Il refrain è il solito e scontato: «Pensiamo solo all’Udinese, poi ci occuperemo del Braga». In realtà i pensieri di Fonseca sembrano negli ultimi giorni abbastanza agitati. Lo si capisce da come replica a domande innocue. Il tono è autoritario, a voler rimarcare una leadership che probabilmente ritiene sia stata messa in dubbio dal caso Dzeko: «Potete farmi la stessa domanda ogni conferenza (il riferimento è all’impiego o meno del bosniaco dal primo minuto e la questione della fascia, n.d.r.), la mia risposta sarà sempre la stessa, non ne parlo più. Vedremo prima della gara chi giocherà. Ma sono io che decido, io che preparo la squadra, io che scelgo se e quando possono giocare insieme. Non mi faccio influenzare da quello che si dice o si scrive».

L’utilizzo reiterato dell’Io cela più che narcisismo un’insicurezza di fondo. Perché Paulo sa di camminare su un filo, pronto a rompersi irrimediabilmente. Sinora società e la maggior parte dei media e dei tifosi ha compreso le sue scelte dopo l’atteggiamento tenuto dall’attaccante nel post Roma-Spezia di Coppa Italia. Da quando però Tiago Pinto ha chiuso il caso («I club vivono dinamiche familiari di questo tipo e come le famiglie risolvono i problemi e ne escono più forti.

Il bene della società viene prima di quello dei singoli»), il rischio che d’ora in avanti ogni scelta venga interpretata come figlia di un risentimento personale, è dietro l’angolo. Anche perché non schierare Dzeko a favore di Mayoral – al di là del valore oggettivo tra i due attaccanti – va in controtendenza con l’impiego del bosniaco sino al fatidico match di Coppa Italia. Edin, prima dello scontro avvenuto lo scorso 19 gennaio, era il titolare inamovibile. A tal punto che lo spagnolo in campionato aveva racimolato soltanto scampoli di gara, partendo titolare in appena tre match (Genoa, Crotone e Parma) in 16 giornate. Ora nelle ultime tre è toccato sempre a lui iniziare dal primo minuto. Anche all’occhio del più distratto dei tifosi, appare chiaro come ci sia qualcosa che quadra poco.

Dopo il ko con la Juventus, serve riprendere il cammino. L’occasione è ghiotta visto che contro le squadre dal decimo posto in giù in classifica, i giallorossi possono vantare un formidabile en-plein (11 su 11). Fonseca, però, mette in guardia i suoi ragazzi: «Sarà una partita difficile contro una squadra che gioca molto bene, come abbiamo visto nelle ultime quattro partite. Difendono bene, sono organizzati, l’allenatore è bravissimo. Sono forti in contropiede e profondi, sarà difficile». Anche perché proprio contro i friulani, risale l’ultimo ko interno all’Olimpico: 0-2, lo scorso 2 luglio. Curiosità: il tecnico, come centravanti titolare, schierò Kalinic, con Dzeko in campo solo nel finale e con i bianconeri già in vantaggio (0-1). Il precedente, insomma, induce alla riflessione il portoghese che ha apprezzato la voglia mostrata da Edin: «Si sta allenando bene». Il favorito a partire dall’inizio, però, rimane Mayoral.

Problemi in difesa: Smalling e Kumbulla out (affaticamento al quadricipite destro per l’albanese: da valutare in vista di Braga), Jesus e Fazio (convocato) fuori ormai dalle rotazioni: Fonseca rispolvera nuovamente Cristante in difesa. E in avanti convoca per la prima volta El Shaarawy, nonostante le parole della vigilia lasciassero pensare il contrario: «Stephan è stato fermo molto tempo, ha solo due settimane di lavoro, ma fisicamente non è pronto per giocare. Stiamo lavorando per farlo ritornare a breve, ma la sua condizione non è l’ideale per giocare. La sua posizione? È un esterno, noi non giochiamo con tre trequartisti. Sta capendo cosa vogliamo in quella posizione, si adatterà facilmente a questo modo di giocare». Si rivede anche Pedro: fu proprio lui, nel match di andata, a risolvere la partita. Stavolta partirà dalla panchina.

Prova di maturità per l’Udinese, in serie utile da quattro gare con otto punti e appena una rete subita. Prestazioni difensive che hanno visto protagonista Nuytinck. Con lui in campo ben 17 punti in 7 gare; senza, solo 7 punti nel doppio delle partite. Parole di miele nei suoi confronti da parte di Gotti: «Il susseguirsi delle partite fa sì che si possa fare delle riflessioni su questi numeri. È ovvio che non è l’unica variabile, ci sono anche altre concause, però oltre alle qualità di Bram, è fuori discussione che è in grado di far giocare meglio i suoi compagni». Salto di qualità dopo il successo contro il Verona? Cauto il tecnico: «Ogni partita mette in discussione questo principio.

Con la Roma sicuramente non sarà una gara facile, ha vinto contro tutte le avversarie della parte destra della classifica. Il livello con cui ci confronteremo domani potrà farci capire qualcosa in più». Sui giallorossi: «È difficile prevedere a priori la direzione che prenderà la gara. La Roma è una squadra composta da giocatori di qualità ed esperienza. Fonseca è riuscito a dare un’identità che a me piace molto. Da parte mia spero che l’Udinese sia nella direzione di un continuo miglioramento, diventi sempre più forte e a sua volta riesca a proporre in campo le proprie idee di gioco». Sulla formazione poche variazioni rispetto all’ultimo match con il rientro dalla squalifica di De Paul con Arslan in vantaggio su Makengo come interno di sinistra al posto dell’infortunato Pereyra.

 Giovanni Stroppa e Roberto De Zerbi si incrociano oggi alle 18 sulle panchine dello stadio Scida di Crotone, dove scende il Sassuolo. Li accomuna il background milanista: tre anni di giovanili per Stroppa, dal 1984 al 1987 e poi tanta prima squadra in rossonero; tre anni di Milanello anche per De Zerbi nel decennio successivo, dal 1995 al 1998. Foggia è il denominatore comune, esperienza centrale soprattutto per l’attuale tecnico del Crotone, in Puglia sotto il guru Zeman, uno che del giochismo faceva il suo credo.

Ma le affinità si fermano nella definizione generale perché scendendo nei particolari, Stroppa e De Zerbi sono molto diversi nel far correre la palla. Nel modulo in primis, il Crotone gioca un 3-5-2 che deve la sua efficacia al movimento degli esterni. Lo sviluppo tende a prediligere l’ampiezza, i quinti e le mezzali rimangono sempre molto alti, a ridosso o in linea con gli attaccanti. Gli esterni hanno una funzionalità intrinseca facendo piovere cross per la torre Simy (oggi in ballottaggio con Di Carmine), che vede nel Sassuolo la vittima preferita in Serie A (3 gol in altrettanti confronti). Il Sassuolo al contrario è la squadra con il minor numero di cross riusciti su azione in campionato (23), almeno 20 in meno di qualsiasi altra formazione. La costruzione del 4-2-3-1 di De Zerbi predilige il possesso palla per linee interne, con mediano e centrale di difesa – primi per numeri di tocchi in Serie A – che verticalizzano centralmente sull’attaccante meno pressato.

«Dobbiamo costruirci la salvezza allo Scida, a iniziare dalla sfida contro il Sassuolo», ha detto Stroppa ieri, forte della migliore statistica dei rossoblù, che in percentuale sono la squadra che ha guadagnato più punti in casa in questo campionato, l’83% (10 su 12). Per il Sassuolo invece la nota positiva passa dal recupero di un singolo, Berardi: con lui in campo dal primo minuto gli emiliani hanno vinto il 47% dei match in campionato (7 su 15), senza si scende al 17% (1 su 6). «Abbiamo vinto anche senza ma a noi Domenico, quando sta bene, ci sposta tanto» ha detto De Zerbi. L’importante è giocarsela.


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