Per ora è missione impossibile, ma conoscendo Vincenzo Italiano conviene sempre mettere davanti all’aggettivo il “quasi”. E non solo perché la palla storicamente è rotonda. Il tecnico si misura stasera con il peggior ostacolo e deve dimenticare velocemente sia il secondo tempo di Firenze sia il primo contro il Parma, brutta copia dello Spezia vero. Per una squadra abituata da quasi due anni a giocare a memoria un calcio totale unico, pronta ad accettare anche il “bel perdere”, il turn over non dovrebbe spostare molto le cose.
Certo, hai davanti la Juventus, non tirata a lucido, ma pur sempre la Juventus. E poiché anche il Milan, non tirato a lucido, ha appena preso due schiaffi dall’undici bianco, conviene andarci piano: «Solo due giorni per preparare una delle gare più difficili di questo campionato – ammette l’italotedesco – non è una situazione semplice, però bisogna adeguarsi e cercare di preparare bene chi mettere in campo nel giro di due allenamenti. Il pronostico non è dalla nostra parte, la difficoltà è enorme, ma cercheremo di affrontare tutto a testa alta».
«Proveremo a fare una grande prestazione – continua Italiano – e alla fine tireremo le somme. Penso che in questo momento le partite siano ancora tante e non credo che il primo tempo con il Parma sia stato influenzato dalla situazione di classifica o dalla preoccupazione dei ragazzi. Semplicemente non sono stati bravi a mettere l’avversario in difficoltà, ma l’hanno fatto nel secondo». La salvezza magari non passa dalle gare come quella contro la Juventus, ma tenere alta la concentrazione può essere determinante: «Quello che sto cercando di spiegare è che dobbiamo fare la prestazione, sia di gruppo sia individuale, perché ci aspettano ancora 14 partite in cui dobbiamo sbagliare il meno possibile e occorre concentrarsi solo sul campo. Poi l’aspetto mentale non deve pesare, non dobbiamo pensare a punti, classifica o cose simili, ma solo metterci qualità».
Italiano arriva allo Stadium con un esercito: convocati in 27, tutti quelli disponibili. Restano a casa gli infortunati Pobega, Mattiello, Rafael e Saponara, per quest’ultimo da valutare i tempi di recupero: «Mi spiace per Riccardo, perché è un infortunio non bello e mi rammarica. Stava bene e si era inserito benissimo, mi auguro di poterlo riavere al più presto. I ragazzi stanno crescendo, soprattutto quelli che erano fuori come Nzola e Farias. Sono convinto che possiamo continuare ad andare avanti restando uniti e mi auguro di poter gioire tutti insieme». Italiano, che nella sua storia da calciatore ha già battuto la Juventus (in maglia Verona, 2-0 nel 2000 quando Prandelli superò i bianconeri allenati da Ancelotti), potrebbe variare di 7-8 unità la squadra che aveva pareggiato contro il Parma. Dubbi specie in attacco: le condizioni del francese Nzola non sono ancora ottimali e l’attaccante sarà inserito progressivamente. Stasera potrebbe giocare a gara in corso per circa 30 minuti, poi magari sabato, contro il Benevento, partirebbe nell’undici di base. Con Agudelo che mostra stanchezza nel ruolo di falso nove, potrebbe profilarsi un ritorno di Galabinov dal 1’ al centro dell’attacco. L’alternativa è il giovane Piccoli, ex Atalanta. Italiano si è riservato di decidere solo a poche ore dal match.
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Sicuro, calmo, sereno. Come quando si destreggiava elegante tra due o tre avversari in pressing, riuscendo comunque a vedere il compagno lontano e poi a raggiungerlo con un lancio al millimetro. Così ora Andrea Pirlo si muove sotto la pressione dei risultati negativi, delle brutte prestazioni e degli infortuni (l’unica cosa che lo turba), riuscendo comunque a vedere lo Scudetto, lontano anche lui. Che il Pirlo giocatore il compagno lontano oltre che a vederlo riuscisse anche a raggiungerlo, non ostante la pressione degli avversari, era praticamente una certezza. Che la sua Juventus riesca a raggiungere il tricolore no. Anzi. Alla luce (poca) delle ultime prestazioni l’ipotesi sembra remota.
Non a Pirlo, però. Che di Scudetti ne ha vinti tanti e assieme a quelli ogni altra sorta di trofeo, dalla Champions al Mondiale. Che la Juventus vincente di questo ciclo straordinario ha contribuito in modo decisivo a farla nascere e poi crescere, guidandola alla conquista dei primi quattro dei nove Scudetti di fila. Di quei successi, Pirlo assicura di vedere lo spirito: «Certo che sento il carattere giusto nella squadra. Sennò non parlerei di Scudetto. Non parlo solo da allenatore, ma a nome del gruppo squadra: so che i ragazzi ci credono, si allenano bene, hanno questa voglia di tornare a conquistare il titolo e questo mi fa stare tranquillo. Gli obiettivi sono sempre gli stessi, anche se abbiamo qualche punto in meno: però vedo che la squadra ha questo spirito, questa voglia di raggiungere traguardi importanti e quindi continuiamo a pensare a quelli. Sappiamo che abbiamo tante partite da giocare e soprattutto c’è ancora l’entusiasmo di poter raggiungere gli obiettivi. E questa è la cosa principale».
Lo spirito di cui parla Pirlo, però, si è visto solo a sprazzi sul campo, dove la Juventus vive su un’altalena, tra una partita e un’altra e anche all’interno degli stessi 90 minuti. Lontana da quella continuità non solo di rendimento, ma anche di concentrazione, di capacità di soffrire, di essere sempre pienamente dentro la partita, che sono state in tutti questi anni un suo marchio di fabbrica: «Capita di avere continuità in certi periodi, poi capita di incappare in qualche sconfitta – spiega Pirlo -. Questo non è normale, ma non è detto che tutti gli anni siano uguali. Sapevo di iniziare un percorso difficile, in un’annata particolare, con tante partite ravvicinate, però ero consapevole. Abbiamo cercato di costruire una squadra supercompetitiva e lo siamo: l’unica cosa che non avevo messo in preventivo era di avere tanti infortuni tutti insieme, in un periodo così delicato».
Eccolo, l’unico avversario che sembra turbare il tecnico bianconero, una serie di acciacchi che sembra non finire. Anzi, ad Arthur, Bonucci, Chiellini, Cuadrado e Dybala, nella lista degli indisponibili potrebbe aggiungersi anche Fagioli, possibile innesto di freschezza e qualità a centrocampo, e non è detto che ne esca Morata: «Fagioli ha avuto un problema intestinale e non si è allenato, vedremo se potrà essere a disposizione. Morata ha lavorato un po’ con noi, valuteremo nella rifinitura se potrà venire in panchina. Chiesa in attacco? No, sta facendo bene sulla fascia e continuerà lì».
Anche gli infortuni, però, sono un avversario che Pirlo è convinto di poter dribblare. Per poi raggiungere lo Scudetto lontano con un lancio da lasciare tutti a bocca aperta. «L’obiettivo non cambia – ribadisce – anche se ora siamo un po’ più lontani perché Inter e Milan hanno vinto. Noi dobbiamo pensare a vincere una partita dopo l’altra, perché è nelle nostre corde. Senza guardare a chi sta davanti e a chi sta dietro, ma solo a noi stessi. Però l’obiettivo deve essere sempre nella nostra testa, perché ci sono ancora tante partite e importanti. Finché ci sarà spazio per recuperare saremo sempre lì con la testa».
«Lì» significa davanti allo Spezia del suo amico Italiano: «Invidiare il suo percorso più graduale? No. Ho avuto la fortuna di partire subito dalla Juventus e sono stracontento. Ognuno ha il suo percorso, credo che né Italiano, né nessun altro avrebbe rifiutato la Juventus al primo anno. Lo Spezia sta dimostrado di essere all’altezza della Serie A e ha fatto risultato anche con le grandi. Noi però dobbiamo riscattare i due punti persi a Verona per lottare per lo Scudetto. In questi due giorni ho cercato di tenere la squadra tranquilla e soprattutto di farle recuperare energie fisiche e mentali, domani (oggi, ndr) faremo una seduta per entrare proprio dentro alla partita». Oltre ad entrarci, cosa che aveva fatto bene anche a Verona, sarà fondamentale che la Juventus non ne esca, dalla partita. O rischia di uscire definitivamente anche dalla corsa tricolore.
Certo, in altri tempi (non pandemici, si intende) l’imminente trittico di partite sarebbe stato guardato dai bianconeri con un misto di sollievo e convinzione, quasi esaltazione. Adrenalina, sì. Ma anche e soprattutto consapevolezza di essere padroni. Padroni di casa, ergo padroni del proprio destino.
Essì perché dopo lo Spezia – questa sera alle 20.45 – toccherà alla Lazio e al Porto far visita ai campioni d’Italia presso l’Allianz Stadium. E si sa che da quando questo impianto è stato inaugurato, raramente i bianconeri non gli hanno reso onore. Basti ricordare che da quell’ormai lontano 11 settembre 2011 (prima partita ufficale: 4-1 contro il Parma) s’è dovuto attendere sino al 3 novembre 2012 per una sconfitta (impresa dell’Inter).
Senza tifosi, però, l’effetto è meno dirompente: sono infatti già 2 le sconfitte rimediate (tra cui la peggiore e più disarmante: lo 0-3 di fine dicembre da parte della Fiorentina), e tre sono i pareggi nei 17 incontri casalinghi della Juventus sotto la gestione di Andrea Pirlo. Tuttavia, non foss’altro che per questioni pratico/logistiche e di abitudine i vantaggi ci sono. E devono essere sfruttati.
Ricordiamo che in una stagione così densa e fitta di appuntamenti, in cui si gioca ogni tre giorni, già solo il fatto di non doversi sobbarcare una trasfreta in treno o aereo per quasi una decina di giorni è una notizia. La cosa permette di rimediare anche uno o due veri allenamenti in più. A maggior ragione per chi lo stadio lo vede dalla finestra dell’hotel del ritiro, raggiunto a piedi dopo l’allenamento.
Ebbene, al di là dei positivi risvolti da Continassa, c’è una notazione: le prossime tre partite abbisognano di un unico e solo risultato. Vittoria. Vittoria stasera contro lo Spezia per tornare in pista e cancellare l’ultimo harakiri veronese. Vittoria contro la Lazio per dare un segnale forte – quantomeno un segnale non di resa – all’Inter, in ottica lotta Scudetto. Vittoria contro il Porto, onde evitare una prematura e disastrosa (negli effetti) eliminazione dalla Champions League: urge ribaltare il 2-1 subito all’andata al Do Dragao.
Se tutte e tre le missioni saranno compiute, allora sì che sarà possibile dare seguito ai buoni propositi enunciati ieri in conferenza stampa da Pirlo. Ergo, continuare a provare a mettere pressione all’Inter e, forse soprattutto, continuare a sognare in grande in Champions League confidando in quella sfiziosa e comprovata consuetudine per la quale spesso chi – tra i top club europei – inizia male la stagione, poi è protagonista di un crescendo nella massima competizione continentale.
In caso di passi falsi, invece, tutto diventerà più difficile e le ripercussioni – a cascame – potrebbero già inizizare ad influire sui progetti a lungo termine. Ci sono diverse situazioni in via di definzione: dal rinnovo di Paratici a quello di Dybala, giusto per citare i casi più emblematici. La certezza di aver centrato quantomeno l’obiettivo quarti di Champions, consentirebbe di portarsi avanti con i lavori.
Non ha molti uomini tra cui scegliere, Andrea Pirlo, e di quei pochi deve anche valutare le condizioni, nel mezzo di un tour de force che riporta la Juventus in campo 70 ore dopo il fischio finale della partita di Verona. Valutazioni che farà nella rifinitura di questa mattina e dalle quali dipenderà anche il modulo.
Certo il rientro di Danilo in difesa, il tecnico potrebbe concedere un turno di riposo ad Alex Sandro, sostituendolo con il connazionale e riproponendo in toto o quasi la formazione del Bentegodi. Il quasi è relativo alla possibile presenza in mezzo al campo di Fagioli, che però ieri non si è allenato per un problema intestinale (ne parliamo meglio a fianco).
Pirlo però potrebbe preferire tornare al modulo abituale, con il 4-4-2 in fase difensiva e un assetto variabile in fase offensiva, ma con la difesa a tre come punto fermo. In quel caso Danilo e Alex Sandro giocheranno entrambi, rispettivamente a destra e a sinistra, con il primo a fungere da terzo centrale e il secondo da ala in fase offensiva. La linea di centrocampo sarebbe composta da Chiesa, Bentancur (o Fagioli se recupera), Rabiot e probabilmente Ramsey. Non è da escludere però che il ruolo di esterno sinistro possa essere ricoperto da McKennie, anche se Pirlo ha sottolineato come non possa garantire 90 minuti (ma con 5 cambi è meno azzardato che in passato averne uno già battezzato), oppure Bernardeschi. Necessari ancora gli straordinari, infine, per la coppia Cristiano Ronaldo-Kulusevski in attacco.
Un rientro che può rivelarsi fondamentale, decisivo, destinale. Perché ok Dybala, ok Cuadrado, ok Arthur: con loro in campo, la Juventus può esprimere qualcosa in più. Ma c’è un giocatore che può implicare un qualcosa in meno (meno del minimo sindacale) in caso di assenza: Danilo. Se manca lui, o se comunque offre un rendimento non all’altezza dello standard, la Juventus di Andrea Pirlo va in difficoltà. E diventa prevedibile. E subisce gol. E più difficilmente ne segna.
Non è un caso che in questi più o meno sette messi di gestione bianconera, il nuovo allenatore abbia perso il proverbiale aplomb giusto in una occasione: quando s’è trattato di spiegare – dopo il pari contro il Verona – le scelte tattiche necessarie per sopperire all’assenza del brasiliano. «E lei chi avrebbe messo? Bisogna vedere bene le partite! Non avevo alternative»: spiegava un Pirlo insolitamene indisposto a lasciar correre, a evitare polemiche quasi per partito preso (l’unica altra alzata di sopraccigli era legata a decisioni arbitrali durante Napoli-Juventus).
L’importanza di poter contare su Danilo è legata a tanti fattori. In primis l’aspetto tattico, come spiegato dallo stesso tecnico bianconero ieri in conferenza stampa: «Per Juve-Spezia fortunatamente torna Danilo, che dà tante soluzioni con la possibilità anche di cambiare in corsa. Il 4-4-2 iniziale che abbiamo provato dal principio della stagione è rimasto invariato solo in fase di non possesso, per il resto quando siamo in costruzione cambia di partita in partita in base anche alla squadra avversaria».
Essì: dimostrando grande intelligenza tattica e spitito di adattamento l’ex Manchester City s’è calato perfettamente nella parte del laterale ibrido, in grado di giostrare da esterno oppure da centro-destra delle difesa a tre a seconda dellle fasi di gioco e dei momenti della partita. È l’elemento chiave, insomma, di quel 4-4-2 oscillante 3-5-2 (e via a seguire) su cui Pirlo ritiene sia cosa buona e giusta insistere per far rendere al meglio il gruppo, sfruttando quanto più possibile il potenziale a disposizione. Inoltre, proprio in virtù della sua versatilità e del suo spirito di adattamento (che fa il paio con l’abilità nella lettura del gioco), Danilo può permettere a Pirlo di intervenire con variazioni di sistema durante il match. Senza operare cambi, semplicemente spostando di qualche metro la posizione del brasiliano.
Non meno importanti, tuttavia, sono riflessioni legate ad aspetti più prettamente caratteriali e di esperienza: proprio quella che contro il Verona è mancata palesemente ed è gravemente costata due punti. «Ci mancava gente esperta, con tanti giovani in campo tutti insieme nel finale abbiamo fatto fatica a capire i momenti», ha poi commenttao Pirlo al Bentegodi.
Ebbene, con Danilo in campo la Juventus avrebbe forse avuto un atteggiamento diverso. L’ipotesi regge. Un nuova eventuale controprova, però, dovrebbe arrivare stasera.
La respinta della barriera è una costante. Ma i compagni possono aiutare Ronald o.Il dibattito è sempre vivo, anche perché coinvolge il calciatore più bravo del mondo e una delle rare cose in cui per ora non riesce ad eccellere da quando è sbarcato in Italia. Il tema: Cristiano Ronaldo e i calci di punizione. Lo svolgimento, dagli esiti curiosi perché coinvolgono non solamente il fuoriclasse portoghese ma anche compagni di squadra e avversari, è affidato a uno studio del procuratore ed intermediario sportivo Leo Saija. E mentre la tifoseria juventina s’interroga, noi proviamo a dare una risposta. O perlomeno un efficace spunto di riflessione in attesa che CR7 torni a far gol su punizione dopo quasi otto mesi.
Il calcio di punizione è forse il gesto tecnico più difficile e di maggiore spettacolo a cui uno spettatore di una partita possa assistere. L’esecuzione di un calcio di punizione richiede un talento tecnico, un allenamento e soprattutto anche lo studio della squadra avversaria, così da rendere la sua esecuzione estremamente selettiva. È sotto gli occhi di tutti che da quando Cristiano Ronaldo è atterrato a Torino, la Juventus abbia trovato maggiori difficoltà ad andare a segno sui calci piazzati, con una frequenza di realizzazione che si è abbassata di quasi 6 punti percentuali. Basti pensare che negli ultimi due anni e mezzo la Juve ha messo a segno solamente 3 gol su 80 calci piazzati, viceversa – nel biennio precedente l’arrivo di CR7 – le marcature erano state 11 su 74.
Il dato che salta maggiormente all’occhio è la poca vena realizzativa del campione portoghese che, su 65 tiri dalla distanza, ha fatto esultare i propri compagni e tifosi solamente una volta, nel derby con il Torino. Analizzando per bene questi numeri, possiamo notare che per la bellezza di 44 volte, vale a dire il 67,7% dei calci piazzati, la traiettoria della palla si è infranta contro la barriera, con una vena realizzativa pari allo 0,65%. Da qui bisogna partire. Siamo sicuri che sia un demerito di CR7 e non un grande merito delle squadre avversarie che negli ultimi anni hanno studiato a fondo lo stile e il calcio del fuoriclasse portoghese?
Dopo settimane di studio e analisi video su oltre 300 calci piazzati eseguiti negli ultimi 7 anni dal portoghese, posso dirvi la mia opinione sul perché Cristiano Ronaldo faccia fatica a segnare su calcio di punizione. Il “problema” della ridotta vena realizzativa è da ricercare nell’intelligenza ed abnegazione delle squadre avversarie. I giocatori in barriera anticipano sempre i movimenti di una frazione di secondo prima dell’impatto del pallone trovandosi naturalmente in massima elevazione sulla traiettoria. Basterebbe una banalissima doppia barriera da schermo con tre uomini Juve piazzati in linea parallela agli avversari per non dare la possibilità di vedere il momento preciso dell’impatto del calcio di CR7, con il portoghese che dovrebbe puntare a tirare sempre nello spazio centrale occupato da uno dei tre compagni, così da non dare nessun punto di riferimento ai componenti della linea difensiva intenti a prepararsi a saltare contemporaneamente e soprattutto al portiere, creando non poche difficoltà e possibilmente aumentando di qualche punto percentuale la sua già mostruosa vena realizzativa.
Il Porto deve rialzarsi. O, quantomeno, è quello che Sergio Conceiçao ha chiesto ai propri uomini, dopo il pareggio di sabato scorso contro lo Sporting. Sebbene il tecnico lusitano, secondo quanto assicura il quotidiano Record, continui «a vedere ragioni di peso che lo spingono a credere che la conquista del titolo non sia impossibile», la verità è che, senza un evidente calo di concentrazione della capolista, sarà davvero dura recuperare i dieci punti di distacco dalla vetta. Senza contare che, dallo scorso fine settimana, l’avversario della Juventus negli ottavi di finale di Champions League, è scivolato al terzo posto, superato di un punto anche dal Braga.
E saranno proprio i biancorossi a testare per primi la voglia di riscossa dei ‘dragoes’ che, domani sera, proveranno a conquistare il pass per la finale della Taça del Portugal, dopo il 2-2 strappato all’Estadio Municipal di Braga venti giorni fa nella semifinale d’andata. Più che un incontro, una finale. Esattamente come quella che i biancoblu disputeranno a Torino il prossimo 9 marzo. E già, perché la situazione in campionato invita il Porto a concentrarsi maggiormente sui due tornei a eliminazione diretta.
Di certo, vincere la coppa e riuscire a entrare tra le otto migliori squadre del vecchio continente, dopo aver superato un top team come la Juve, potrebbe rendere meno amaro l’epilogo di una Primeira Liga che sembra aver, oramai, preso la via di Lisbona.
Dopo aver esortato i propri ragazzi a reagire, Conceiçao è stato obbligato a registrare, durante la sessione d’allenamento di ieri, l’assenza di due dei propri uomini più importanti, senza dubbio i due leader carismatici della propria squadra: Pepe e Sergio Oliveira, i capitani. Nulla di grave: in entrambi i casi si tratta di una contusione. E la verità è che, salvo complicazioni dell’ultima ora, ci vuole davvero ben altro per trattenere ai box due calciatori del genere in un momento così importante e delicato della stagione. Oltre a vegliare sugli acciacchi fisici di Pepe e Sergio, Conceiçao dovrà concentrarsi sul recupero a livello mentale del bomber dei dragoes, Mehdi Taremi. Il centravanti iraniano, infatti, ha incassato proprio male gli errori commessi sotto porta contro lo Sporting, uno dei quali davvero grossolano: «Chiedo scusa a tutti. Sfortunatamente non sono riuscito a fare gol, tuttavia prometto ai tifosi che, con il loro sostegno, lotterò fino alla fine e darò il massimo per questi colori».
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