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Nicola non è allenatore che stia lì a giocare con le parole come gingilli, per nascondere difficoltà e lacune di squadra. La sua loquela può essere a tratti anche forbita, come quando cita le sue letture impegnate, ma con lui si va quasi sempre al succo senza dover lambiccarsi il cervello per capirlo. Tanto per intenderci, non dirà mai frasi per la serie: «Adesso dobbiamo mentalizzarci sul campionato».

E la sua spremuta dialettica pre-Inter significa qualcosa che va ben oltre la partita in sé. Perché il tecnico infila il dito nei limiti del Torino per trasformarli in meriti conquistati con i miglioramenti. A cominciare dalla sfida odierna, sulla carta impossibile, ma pensando anche alle gare successive: perché questa squadra, per salvarsi, dovrà faticare e sudare come un minatore sino all’ultima giornata o quasi, ormai è chiaro. E comunque, per un allenatore, l’impossibile deve esistere, per l’appunto, solo sulla carta.

Anche se per una settimana non ti sei allenato per il focolaio inglese. E, dopo, solo a scartamento ridotto, verso Crotone. Anche se un pilastro come Nkoulou ha ancora il Covid e se Belotti e altra compagnia sono inutilizzabili o quasi. Ma «che si giochi contro l’Inter, il Sassuolo (mercoledì, manco a dirlo; ndr) o il Real, a me non importa. Non c’è un niente da perdere. C’è al contrario un’opportunità da sfruttare al meglio possibile. E’ chiaro, sappiamo chi incontriamo, ma le motivazioni di una squadra come l’Inter, che lotta per lo scudetto, sono come la nostra grande voglia di salvarci. E allora nulla può essere scontato.

E noi, contro uno squadrone come l’Inter, dobbiamo risultare tosti, sfacciati e attenti, con la voglia di trarre il massimo e di crear loro preoccupazioni. La qualità, l’organizzazione e la mentalità dell’Inter non sono nate per caso. Dobbiamo metterci anche noi qualità, fame e tanta organizzazione, proprio perché dobbiamo salvarci. Dobbiamo provare la voglia e l’entusiasmo di giocare contro la prima della classe. Abbiamo bisogno di crederci: credere di essere in grado di ottenere il massimo anche in partite così. Perché sono sempre le motivazioni che fanno la differenza, quando hai la mentalità giusta e delle qualità».

E poi «li abbiamo studiati bene», dice Nicola. In questi giorni non ha dispensato solo elettroshock motivazionali: ma anche mille e un dettame tattico, con pure la possibilità di architettare sorprese inedite (pensando a Sanabria e a Verdi) proprio per sopperire all’assenza di un faro come il Gallo: e non solo lui. «A me non deve preoccupare nulla, io mi devo occupare di far migliorare la squadra. Servono un’organizzazione importante e la coraggiosa capacità di voler fare la partita, non facendola fare facilmente agli altri. Non siamo nelle condizioni di far regali, anche se di recente per il Covid ci sono mancati il ritmo e la forza dell’allenamento. E dovremo anche sbagliare meno che a Crotone». Nel dettaglio, elogi per Sanabria («E’ pronto anche da titolare, ma non esistono salvatori della patria»), per Buongiorno («Un ragazzo fantastico, ha il desiderio di imparare ogni giorno e io so di poter contare su di lui») e, toh, pure per Verdi («Si è allenato molto bene, ho grande fiducia»). E poi che Dio la mandi anche buona, ogni tanto: non lo dice, lo pensa.

La partita numero 500 da allenatore di club, Antonio Conte la “festeggerà” in gabbia, confinato in uno skybox per l’ennesima squalifica. Ieri, come da tradizione quando non può andare in panchina, l’allenatore è rimasto in silenzio. Lo stesso silenzio che troverà questo pomeriggio al “Grande Torino”, dove altrimenti sarebbe stato bersaglio del popolo granata per i suoi trascorsi in bianconero.

Allo Stadium brilla sempre la sua stella e poco conta nello scontro diretto l’idea che proprio lui possa togliere lo scudetto alla Juve. Anche perché, a fare da contraltare a questo, ci sono novanta minuti che possono essere crocevia per entrambe le squadre. Per il Toro, che vede la casella delle vittorie in casa ancora miseramente a quota 0 (con 7 punti conquistati in casa, nessuno ha fatto peggio in A) e per l’Inter che – al contrario – insegue l’ottava vittoria consecutiva, una striscia iniziata battendo il Benevento, 30 gennaio, quando Conte era pure squalificato dopo la gazzarra a Udine con l’arbitro Maresca che gli cosò due giornate e la diffida (non comunicata però dalla Lega Serie A) che ha fatto scattare l’ennesimo stop per il giallo rimediato a inizio partita contro l’Atalanta. Da allora, l’Inter ha collezionato pure gli scalpi di Fiorentina, Lazio, Milan, Genoa, Parma e Atalanta segnando complessivamente 18 gol subendone appena 2. Filotto che, tra l’altro, ripeterebbe pure quello autunnale, iniziato proprio grazie al successo in rimonta sul Toro (22 novembre, da 0-2 a 4-2) e chiuso soltanto il 6 gennaio con il ko a Marassi con la Samp, dopo otto vittorie di seguito.

Tra l’altro, al “Grande Torino” Conte, quando si è presentato come allenatore della Juve o dell’Inter ha sempre vinto. L’ultimo precedente risale al 23 novembre 2019 (0-3 con reti di Martinez, De Vrij e Lukaku), mentre – ovviamente – sono più datati i derby. Fondamentale nell’economia del campionato, fu l’uno-due servito da Vidal e Marchisio nella stracittadina del 28 aprile 2013, mentre nel campionato successivo, la Juve giocò il derby d’andata fuori casa (29 settembre) e vinse pure in quella occasione grazie a un contestatissimo gol segnato da Paul Pogba viziato però dalla posizione di Carlos Tevez in fuorigioco. Ai tempi, però, non c’era il Var.

Oggi pomeriggio sul prato dello stadio Olimpico Grande Torino non andrà in scena solo il confronto tra due squadre distanti 42 punti in classifica, cioè l’Inter capolista contro il Torino terzultimo in piena zona salvezza. Sarà anche l’incrocio tra due proprietà in situazioni instabili, ma dalla natura opposta. Il club nerazzurro guida il campionato con il gruppo Suning dichiaratamente alla ricerca di partner per far fronte al momento economicamente delicato. La società granata invece non ha alcuna avvisaglia di cambiamenti all’orizzonte, ma si ritrova con un presidente sempre più criticato e contestato dai tifosi.

Questa condizione differente genera reazioni diversissime sulle due piazze. I sostenitori nerazzurri osservano con preoccupazione i movimenti al vertice perché in questo quinquennio la famiglia Zhang ha riportato l’Inter in alto con investimenti consistenti, superiori a 600 milioni di euro. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: il ritorno in pianta stabile in Champions League (anche se mai seguito da un’avventura oltre la fase a gironi), la crescita del fatturato, il secondo posto e la finale di Europa League nella scorsa stagione, ora il primato in classifica. Suning ha ritoccato a più riprese le prime posizioni della graduatoria degli acquisti più cari della storia nerazzurra, con i colpi Lukaku, Barella e Hakimi. Ha portato a Milano il miglior dirigente italiano, Beppe Marotta, e acceso il semaforo verde al maxi-ingaggio di Antonio Conte. Tutto per colmare il gap quasi decennale con la Juventus. Obiettivo che in questo momento, classifica alla mano, può dirsi centrato.

Urbano Cairo invece non è riuscito a lasciare il segno. Ha riportato due volte il Torino in Serie A, dopo esserci caduto colpevolmente la seconda volta, nel 2009. Ma la luna di miele della finale playoff vinta col Mantova nel 2006 – quella proprio di Nicola goleador decisivo ed eroe granata – ha avuto un solo vero contraltare negli anni successivi: la storica vittoria di Bilbao con l’Athletic a febbraio del 2015 in Europa League. Quello è stato il vero ruggito granata ad alti livelli di questi ultimi 15 anni, poi spentosi nell’eliminazione ai quarti contro lo Zenit. Per il resto solo due settimi posti in campionato e tanti patimenti, più nella zona destra che in quella sinistra della classifica. E un progressivo distacco dal popolo granata che non si sente solo in crisi di risultati, ma soprattutto di emozioni. Da qui nascono le tante contestazioni al presidente del Torino, dalle più abituali alle più folkloristiche come quel camion-vela che girava per Milano il mese scorso con slogan anti-Cairo. Quasi tutti ormai chiedono, quasi implorano un cambio al timone. Ma non è qualcosa che si ottiene schioccando le dita ed esprimendo un desiderio. Finora i papabili acquirenti, almeno quelli usciti allo scoperto, sono stati accomunati da un senso di profonda improvvisazione.

Anche su questo punto la distanza con l’Inter non potrebbe essere più ampia. Suning ha già un compratore pronto: il fondo londinese BC Partners che ha messo sul piatto 800 milioni di euro. Ma Steven Zhang, pur di fronte a una crisi di liquidità seria, può permettersi di temporeggiare nella speranza di scollinare questa fase complicata tramite un prestito-ponte. Anche in questo caso l’opzione c’è, rappresentata Fortress. La mareggiata è forte, ma l’imbarcazione nerazzurra può comunque sfrecciare veloce.
Un’altra sentenza storica che squarcia un sipario nel diritto sportivo: come già era stata quella del 2019, quando fu annullata una squalifica a Mazzarri. Da 11 anni l’avvocato Eduardo Chiacchio è il legale del Torino e da 11 anni si susseguono i successi. E mica solo da avvocato del Toro. E mica solo da 2 lustri. Resta il fatto che, nel recente passato, in A non si ricorda una sentenza di 1° grado atta a riconoscere la mancata disputa di una partita per cause di forza maggiore (il Napoli a dicembre dovette arrivare al 3° grado, dopo 2 mesi di sconfitte). E il passaggio chiave del trionfo legale emerge nitidamente nelle motivazioni della sentenza emessa l’altro ieri dal giudice sportivo Mastrandrea (pienamente accolto il ricorso dei granata, bloccati dalla Asl al rispetto della quarantena domiciliare: la partita con la Lazio andrà ricalendarizzata dalla Lega). Leggiamo una frase in particolare: «Le eventuali incongruenze (…) si arrestano necessariamente di fronte al chiaro disposto dell’ultima nota Asl, la quale il 1° marzo, tempestivamente rispetto all’incontro previsto (Lazio-Torino del 2 marzo; ndr), integrando e chiarendo, seppur a richiesta (…), ha specificato che il provvedimento contumaciale perdurava fino a tutto il 2 marzo». Sottolineiamo quel «chiaro», quel «necessariamente», ma pure quel «a richiesta»: la chiave di volta, insieme piedistallo e architrave di tutto. Cioè quella richiesta di chiarimenti sulla scadenza esatta della quarantena (stesa dall’avvocato Chiacchio e firmata da Cairo), che portò l’Asl, «tempestivamente», a mettere per iscritto: «Mezzanotte del 2 marzo». «Né» (scrive ancora il giudice) quella mossa anticipata, vincente, del tandem Chiacchio-Cairo «può di per sé far venir meno la valenza autoritaria e prescrittiva, nel caso inequivocabile, degli atti». Ovvero gli obblighi imposti dalla Asl. E cosa scrive Mastrandrea, in merito? «Si ribadisce ancora che è preclusa (…) a questo stesso Giudice, come da noti principi, ogni valutazione diretta e (…) ogni determinazione circa la legittimità di atti e provvedimenti (…) delle Autorità sanitarie statali e territoriali posti in essere a tutela della salute di singoli e della collettività (…). Né è consentita (…) la disapplicazione degli atti medesimi». In parole povere: la giustizia sportiva non può sindacare e tantomeno annullare un obbligo imposto da una Asl (e questo non potrà non valere anche in 2° e 3° grado di giudizio, a cui si appellerà la Lazio per partito preso: Corte sportiva di appello nazionale della Figc e Collegio di Garanzia del Coni). E ancora: «La prescrizione integrativa della Asl (…), intervenuta con congruo anticipo (…), rendeva oggettivamente impossibile, per causa esterna non imputabile al Torino, il trasferimento del gruppo squadra (…), pena il rischio di incorrere in sanzioni anche penali». Sempre in parole povere: se si viola una quarantena Asl, si commette un reato. Domanda retorica: si può commettere un reato? Domanda retorica numero 2: potranno la Corte federale o i giudici del Coni sentenziare che si può commettere un reato pur di giocare una partita? Diciamo naturalmente di no, anche perché, come scritto sempre dal giudice, lo stesso protocollo anti-Covid della A «fa salvi gli eventuali provvedimenti delle Autorità statali o locali». Ancora in parole povere: di fronte a un atto del genere della Asl, il calcio può solo obbedire.
Dichiara l’avvocato Chiacchio a Tuttosport, adesso, con il suo noto stile: «Siamo doppiamente soddisfatti sia per la sentenza in sé e per sé, sia perché le motivazioni sono quantomai esaustive e a nostro avviso inoppugnabili». Appunto: anche in 2° e 3° grado. «Il giudice sportivo ha pienamente riconosciuto le nostre ragioni. Ve l’avevo già dichiarato una decina di giorni fa: non abbiamo nulla temere, siamo convinti di poter dimostrare ovunque la bontà delle nostre tesi». Eppure Lotito ha già dichiarato di essere pronto a ricorrere persino al Tar, dopo il Coni! «Ogni parte soccombente ha diritto di impugnare la decisione sfavorevole». E nessuna invasione di campo sulla data della partita: «Sono decisioni che sfuggono alla mia competenza. Trattasi di situazioni di carattere istituzionale». E il Tar, nel caso? Per controversie sportive, l’unico appellabile è quello del Lazio, che però già da molti anni si è dichiarato «incompetente» a valutare l’esito di una partita. Semmai, solo eventuali risarcimenti di un danno.

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