Martina Patti ha ucciso Elena dicendole che andavano in un posto mai visto: “La colpivo ma non guardavo”

“Non ricordo quando l’ho colpita perché ero girata e non volevo guardare” ha raccontato Martina Patti, la mamma 23enne rea confessa dell’assassinio della figlia.

Per convincere la piccola Elena del Pozzo a seguirla senza tante storie nel giorno dell’omicidio, Martina Patti, la mamma 23enne rea confessa dell’assassinio della figlia, le aveva detto che sarebbero andate in un posto in cui la donna giocava da piccola, che non aveva mia visto e che le sarebbe piaciuto tanto. Secondo quanto ha confessato la stessa 23enne, la bambina si era convinta così tanto ed era così curiosa di vedere il luogo in cui non era mai andata che non aveva finito nemmeno il budino che la mamma le aveva preparato al ritorno dall’asilo.

Un racconto che, secondo inquirenti e giudice, denota una profonda volontà della donna di uccidere la figlia e conferma ancora una volta come si tratti di un gesto premeditato e studiato fin nei minimi particolari da una donna “lucida e calcolatrice”. Una volontà e una premeditazione che, stando agli investigatori dei carabinieri e della Procura di Catania, sarebbe confermata da ogni gesto della donna prima e dopo il delitto.

Per la piccola Elena del pozzo infatti non c’era nessun luogo da visitare, la mamma aveva già portato con sé un coltello, la pala, una zappa e cinque sacchi della spazzatura e a poche centinaia di metri da casa l’ha uccisa a coltellate e poi l’ha seppellita prima di tornare nell’abitazione e lavarsi e cambiarsi con cura per inscenare il finto rapimento.

Secondo l’autopsia, Patti “ha inferto più colpi d’arma da punta e taglio alla figlia” ma il momento esatto lei dice di non ricordarlo. “Ho portato Elena in questo campo e le ho fatto del male e non ricordo altro perché ero girata e non volevo guardare” ha spiegato, aggiungendo: “Non ricordo la reazione della bambina mentre la colpivo, forse era ferma, ma ho un ricordo molto annebbiato”.

Martina Patti dice di non ricordare nemmeno dove ha gettato l’arma del delitto che non è stata ancora rinvenuta. “Avevo una cosa lunga tipo un coltello, non ricordo dove l’ho preso, non so perché ce l’avevo” ha riferito, e poi ancora “non ricordo di aver sotterrato la bambina, ma sicuramente sono stata io. Quando sono andata al campo avevo con me una busta di plastica di colore nero che ho strappato dal rotolo prima di uscire di casa”.

Comportamenti che, come scrive il Gip nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere, denotano che la donna in tutte le fasi dell’omicidio “deve essere stata necessariamente nel pieno delle sue facoltà”, trovandosi “in condizioni fisiche e psichiche idonee all’agire”. Dopo il delitto Martina Patti infatti “ha inscenato il rapimento con estrema lucidità e non ha manifestato segni di ravvedimento e pentimento. Tutti elementi che denotano una particolare spregiudicatezza, insensibilità, assoluta mancanza di resipiscenza”.


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