Andrea Baudissone senzatetto dopo una vita in fabbrica: “Ho perso il lavoro nel 2018, mi mancava un anno alla pensione”

La chiusura della Embraco nel 2018 ha segnato non solo la fine di una fabbrica storica, ma anche l’inizio di un incubo per molti lavoratori, tra cui Andrea Baudissone, un ex operaio che ha perso il lavoro, la casa e i risparmi. Oggi, a distanza di sei anni, vive per strada, lottando quotidianamente per sopravvivere e cercando di ottenere quella pensione che gli manca per pochi mesi di contributi.

Una chiusura che ha lasciato 537 lavoratori a casa

Nel 2018, la Embraco, un tempo fiore all’occhiello dell’industria, ha chiuso i battenti, lasciando senza lavoro 537 operai. Nonostante le proteste sindacali e le promesse della politica, Baudissone, come tanti altri, si è ritrovato a fare i conti con una realtà dura e priva di soluzioni concrete. Con un solo anno di contributi mancanti per raggiungere la pensione, l’uomo è scivolato progressivamente in una condizione di precarietà estrema.

Oggi Baudissone, 61 anni, trascorre le sue giornate nella Galleria San Federico a Torino, un rifugio di fortuna dove dorme insieme ad altri senzatetto, avvolto in un sacco a pelo per proteggersi dal freddo pungente. La sua unica speranza di sostentamento è rappresentata dalle mense per i poveri e dal generoso contributo di alcuni passanti. “Mangio quando riesco – racconta – ma nei weekend è difficile perché molte mense sono chiuse. Su mille persone che passano, solo due ti aiutano con qualche moneta”.

Un percorso segnato dalla disperazione

L’ex operaio ha vissuto un declino lento e doloroso. Entrato in fabbrica nel 1991, ricorda gli anni di prosperità della Embraco: “C’erano 5.000 operai e sette linee di produzione. Poi è iniziata la crisi: le linee sono state ridotte, gli stipendi tagliati, e nonostante le proteste tutto è peggiorato fino alla chiusura”.

Baudissone ha ricevuto un TFR di 30.000 euro, ma gran parte del denaro è stato speso per saldare i debiti accumulati. Questo lo ha portato a perdere anche la casa, trovandosi senza un tetto e senza risorse. Per un periodo ha vissuto in un bed and breakfast, dove lavorava in cambio di ospitalità, e successivamente ha trovato riparo da suo fratello. Quando anche questa soluzione è venuta meno, ha iniziato a vivere in strada, passando le prime notti nella stazione di Porta Nuova prima di spostarsi nella Galleria San Federico, un luogo più riparato.

La “nuova famiglia” di Andrea

Nonostante le difficoltà, Baudissone ha trovato conforto nell’amicizia con altri senzatetto. “Qui ho conosciuto Giacomo, 55 anni, e sua madre Fernanda, di 84 anni. Sono diventati la mia nuova famiglia”, racconta. Questa rete di solidarietà tra chi condivide le stesse sofferenze è uno dei pochi appigli che lo aiutano ad affrontare la sua difficile realtà quotidiana.

Quello di Baudissone non è solo un problema di sopravvivenza. L’ex operaio continua a cercare lavoro, sperando di accumulare quei 12 mesi di contributi che gli mancano per ottenere la pensione. Tuttavia, l’età e le difficoltà nel trovare un impiego stabile lo hanno portato a una situazione di stallo. “Chi assumerebbe un uomo della mia età?”, si chiede con amarezza.

La vita per strada è un continuo compromesso. Andrea descrive un’esistenza fatta di sacrifici e paure: “Di notte si dorme con un occhio aperto per evitare che ti rubino vestiti o scarpe. Si riposa dove si può, sperando nell’aiuto dei volontari che portano un bicchiere di latte caldo”.

La resilienza di un uomo dimenticato

Nonostante tutto, Baudissone non ha mai smesso di lottare. La sua storia rappresenta un esempio della fragilità del sistema che spesso abbandona i lavoratori più anziani e vulnerabili. È una testimonianza di resilienza e di quanto sia importante non perdere di vista il valore della dignità umana, anche nelle situazioni più difficili.


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