Ramy Elgaml, parla l’ex capo della polizia Franco Gabrielli: “L’inseguimento non è stato eseguito correttamente”

Continuano le indagini sull’inseguimento a Milano del 24 novembre, in cui ha perso la vita il giovane Ramy Elgaml. La Procura valuta una possibile modifica delle accuse ai carabinieri coinvolti, basandosi sui video emersi il 7 gennaio. L’ex capo della Polizia, Franco Gabrielli, ha sottolineato l’importanza della proporzionalità nelle azioni durante gli inseguimenti.

Le indagini sulla tragica vicenda del 24 novembre scorso, che ha visto il decesso di Ramy Elgaml, proseguono con la Procura di Milano impegnata a chiarire eventuali responsabilità dei militari coinvolti. L’inseguimento, terminato tra via Ripamonti e via Quaranta nel quartiere Corvetto, ha portato all’apertura di un fascicolo per omicidio colposo, ma gli ultimi sviluppi potrebbero aggravare le accuse a carico di alcuni carabinieri, con l’ipotesi di omicidio volontario con dolo eventuale.

Gli inquirenti stanno analizzando le immagini dell’inseguimento, diffuse il 7 gennaio, che mostrano il coinvolgimento diretto delle pattuglie nel causare la caduta dello scooter su cui viaggiavano il 22enne Fares Bouzidi, alla guida, e il 19enne Ramy Elgaml, che sedeva sul sellino posteriore. Gli impatti documentati tra le vetture dei militari e il mezzo dei giovani hanno sollevato interrogativi sulla condotta delle forze dell’ordine durante l’operazione.

Le dichiarazioni di Franco Gabrielli

Nel frattempo, si è espresso sull’accaduto Franco Gabrielli, ex capo della Polizia di Stato e attualmente consulente alla Sicurezza per il Comune di Milano. Durante un’intervista a Radio24, nel programma 24 Mattino, Gabrielli ha criticato apertamente le modalità operative adottate dai carabinieri. “Non è questa la modalità corretta con cui si conduce un inseguimento,” ha affermato. “Esiste sempre una targa, un veicolo, e le tecnologie di sorveglianza permettono di rintracciare successivamente il mezzo.”

Gabrielli ha richiamato il principio della proporzionalità, sostenendo che ogni azione delle forze dell’ordine deve essere commisurata alla gravità della situazione: “In caso di pericolo di vita si può ricorrere anche all’uso di armi, ma se l’obiettivo è fermare chi fugge, non possiamo metterlo in condizioni di pericolo. Questo è un principio fondamentale di civiltà giuridica.”

La dinamica dell’inseguimento

L’episodio si è svolto nelle prime ore del 24 novembre, quando lo scooter TMax guidato da Bouzidi non si è fermato a un posto di blocco nei pressi di Porta Nuova. A quel punto, tre pattuglie dei carabinieri hanno dato inizio a un inseguimento durato circa 25 minuti e lungo 8 chilometri. Le immagini emerse evidenziano come le vetture dei militari abbiano colpito ripetutamente il due ruote durante la fuga.

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L’inseguimento si è concluso quando lo scooter, in curva, è finito a terra. Ora gli esperti stanno cercando di stabilire se l’impatto con una delle auto dei carabinieri abbia avuto un ruolo determinante nell’incidente fatale.

Indagini e posizioni degli indagati

Attualmente, il vice brigadiere alla guida della Giulietta che seguiva da vicino lo scooter è indagato per omicidio colposo in concorso, così come Fares Bouzidi, accusato di aver messo in pericolo l’incolumità del passeggero. Altri due militari sono stati iscritti nel registro degli indagati per favoreggiamento e depistaggio, accusati di aver fornito una versione falsata dei fatti e tentato di eliminare un video dell’incidente registrato da un testimone.

La Procura sta vagliando se gli elementi emersi dalle riprese e dalle testimonianze possano configurare il dolo eventuale, ipotesi che implicherebbe una consapevole accettazione del rischio di causare danni irreparabili pur di fermare la fuga.

L’appello di Gabrielli

Gabrielli ha invitato a evitare polarizzazioni nel giudicare la vicenda, ricordando l’importanza di un approccio equilibrato: “Non dobbiamo dividerci tra chi difende a prescindere e chi accusa a prescindere. Da un lato, proteggere gli operatori delle forze dell’ordine in ogni circostanza può creare un senso di impunità. Dall’altro, porre sempre e solo la polizia sul banco degli imputati è un atteggiamento altrettanto pericoloso.”

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Secondo l’ex capo della Polizia, il dibattito su episodi come questo deve portare a un miglioramento delle procedure operative e a una riflessione sul rapporto tra sicurezza pubblica e diritti dei cittadini, senza ricorrere a facili colpevolizzazioni o assoluzioni.

Le indagini proseguiranno nei prossimi giorni con l’analisi dettagliata delle immagini, delle comunicazioni radio e delle testimonianze raccolte. Gli esiti delle perizie tecniche saranno cruciali per determinare la natura delle responsabilità individuali e collettive.

Nel frattempo, il caso continua a suscitare dibattiti sulla gestione degli inseguimenti da parte delle forze dell’ordine, evidenziando la necessità di bilanciare efficacia operativa e rispetto dei principi fondamentali dello Stato di diritto.


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