Arrestato Bellomo, maltrattava le allieve con tacchi e minigonne: minacciava il premier Conte

L’ex consigliere di stato Francesco Bellomo è stato arrestato con l’accusa di maltrattamenti, estorsione aggravata, minacce e calunnia. Bellomo avrebbe molestato alcune studentesse che frequentavano i suoi corsi di preparazione all’esame per entrare in magistratura e poi avrebbe minacciato e calunniato l’attuale presidente del Consiglio Giuseppe Conte, all’epoca presidente della commissione che avrebbe dovuto giudicare sulla sua espulsione. Bellomo al momento si trova agli arresti domiciliari. L’arresto di Bellomo è stato ordinato dalla procura di Bari che – oltre al filone delle quattro studentesse che lo accusano di molestie – ha aperto un nuovo capitolo nell’inchiesta:

quello delle minacce e delle calunnie nei confronti di Giuseppe Conte e della sua collega Concetta Plantamura. All’epoca i due facevano parte del Consiglio della presidenza della giustizia amministrativa, l’organo che si occupa di questioni disciplinari tra i giudici amministrativi, e Conte fu scelto per guidare la commissione incaricata di valutare Bellomo dopo le prime denunce. Plantamura ne faceva parte insieme a lui. Conte e Plantamura sarebbero stati minacciati nei giorni immediatamente prima del giudizio. Bellomo avrebbe fatto arrivare loro querele per aver commesso illeciti nell’emettere il giudizio e poi, per la stessa ragione, li avrebbe citati per danni. Un atto, scrive Repubblica Bari, che «secondo la procura di Bari» costituirebbe «un’implicita minaccia, finalizzata a prospettare all’intero Consiglio il possibile esercizio di azioni civili nei confronti di Conte e Plantamura».

Bellomo ha 59 anni e fino alla sua espulsione nel gennaio 2018 era un importante magistrato del Consiglio di stato, il supremo tribunale amministrativo, quello a cui ci si appella contro le decisione dei famosi TAR. Bellomo era piuttosto famoso nell’ambiente – e alcuni giornali provarono a difenderlo – quando, nell’inverno del 2017, divennero pubbliche una serie di denunce per molestie sporte dalle sue studentesse. Il Mattino, per esempio, lo definì “un magistrato tra i più brillanti e autorevoli in Italia”. Bellomo aveva anche ricevuto il permesso di tenere corsi in scuole private di preparazione all’esame da magistrato (una pratica molto diffusa all’interno della magistratura e spesso criticata) ed è durante questi corsi che, secondo le accuse e le denunce, avrebbe commesso i suoi abusi.

Il consigliere Bellomo era almeno altrettanto famoso per certe sue stranezze, come l’abbigliamento insolito (in pubblico Bellomo appare quasi sempre indossando una maglietta bianca sotto una giacca di pelle) e certe teorie eccentriche, come quella che lui stesso definì il principale traguardo della sua carriera, l’applicazione della «teoria della relatività generale nel diritto (il cd. “agente superiore”)». Dalle inchieste e dalle denunce delle studentesse è emerso che questo “agente superiore” era identificato da Bellomo con sé stesso: il che, secondo lui, gli dava diritto a esercitare un potere quasi assoluto sui suoi studenti, in particolare sulle studentesse.

Bellomo, in qualità di direttore dei corsi della scuola, aveva la possibilità di scegliere alcuni studenti per assegnare borse di studio che avrebbero permesso loro di risparmiare sugli alti costi della scuola. Secondo l’accusa, Bellomo utilizzava queste borse per avvicinare le ragazze che trovava interessanti. Per accettare la borsa, le ragazze dovevano firmare una sorta di “contratto” che conteneva una serie di clausole apparentemente illecite, come l’obbligo di produrre articoli per una rivista di diritto e la partecipazione a eventi e convegni per promuovere l’immagine della società che teneva i corsi. Nel contratto era anche specificato l’abbigliamento che le borsiste avrebbero dovuto adottare durante le occasioni formali: una descrizione dettagliata al punto da specificare il tipo di scarpa (con tacchi alti), di trucco, di calze e la lunghezza della gonna (che avrebbe dovuto essere particolarmente corta). Un’altra clausola prevedeva che la borsa di studio venisse revocata se il borsista si fosse sposato, mentre il fidanzamento del o della borsista era consentito solo in seguito all’approvazione personale di Bellomo, che avrebbe dovuto valutare il quoziente intellettivo del potenziale compagno o compagna.

Chi non rispettava i punti del contratto, anche i più assurdi, trovava il suo caso personale discusso sulla dispensa online del corso, dove in alcuni casi le relazioni di Bellomo con alcune studentesse e le relazioni di queste con i loro compagni venivano esposte e descritte con numerosi particolari. Il genitore di una delle studentesse molestate raccontò: «Lui poi raccontava particolari intimi delle sue relazioni sulla rivista a disposizione degli studenti. Peggio della gogna del web, perché poi i tuoi compagni sanno se hai dormito con questo o l’altro, se sei stata brava, se il tuo fidanzato è un deficiente». Bellomo, racconta il genitore, era una figura particolarmente inquietante poiché sembrava inattaccabile grazie alle sue amicizie in magistratura e tra le forze dell’ordine: «Sapeva che lui fa causa e le vince tutte e la clausola era da 100mila euro. Quando non voleva più andare è stata denunciata anche lei. Ma una borsa di studio non dovrebbe essere un premio a cui poter rinunciare? Invece lui l’ha fatta cercare dai carabinieri». Rosa Calvi, 28 anni, una delle prime studentesse a denunciare gli abusi, ha raccontato al Corriere della Sera che – dopo essere stata selezionata per ricevere la famosa borsa di studio – Bellomo la incontrò in privato: «Mi chiese subito della mia vita privata: quanti fidanzati avevo avuto e cosa facevano. E poi disse che se decidevo di accettare, avrei dovuto perdere cinque chili entro marzo. Poi mi guardò in viso e mi disse: “Hai le borse sotto gli occhi, con un paio di punturine risolviamo la situazione”». Pochi istanti dopo «provò a baciarmi. In un attimo mi sfiorò le labbra e io lo evitai. Rimasi pietrificata». Calvi di recente ha raccontato nuovamente la sua esperienza nella trasmissione Non è l’Arena. Dopo la sua espulsione dal Consiglio, Bellomo aveva acquistato la scuola di cui era socio e aveva proseguito per mesi la sua attività di preparazione ai corsi per l’ingresso in magistratura.


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