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Senza voler far diventare Stefano Pioli una specie di novello Re Mida, che trasforma in oro tutto ciò che tocca, è innegabile che molti giocatori del Milan abbiano trovato, alle sue dipendenze, un aumento delle prestazioni a volte anche insperato e inatteso. Qui non stiamo parlando di giocatori già affermati, che in realtà sono tornati a giocare come in passato avevano già dimostrato di saper fare. Nello specifico, è invece la cosiddetta classe operaia che è andata in Paradiso, agli ordini di Pioli. E lì ci sta rimanendo, contribuendo in maniera decisiva alla splendida cavalcata rossonera, che ha consentito alla squadra di rimanere imbattuta ormai da nove mesi e di aver chiuso il 2020 in testa non solo a questo campionato, ma anche alla classifica punti dell’anno solare.
L’emblema di questo tipo di giocatori non può che essere Davide Calabria, proprio perché, nei suoi confronti, si erano quasi perse le speranze. Il terzino appartiene a quel floridissimo vivaio rossonero che sforna giocatori in continuità, pronti per entrare nel calcio dei grandi. C’è chi ci entra dalla porta principale, come ad esempio Donnarumma, e chi invece lo fa da quella secondaria, come Locatelli che ha dovuto trovare nel Sassuolo la sua valorizzazione. E poi c’è chi non ci entra affatto. Calabria, soltanto un anno, sembrava appartenere a quest’ultima categoria di giocatori. La classica promessa mancata, colui che non riesce a reggere l’impatto con il calcio professionistico, dopo che pure nelle giovanili era sempre stato tra i migliori. Oggi, Calabria, è uno dei punti di forza del Milan, senza se e senza ma. Al punto che è l’unico ad aver giocato tutte e 14 le gare di campionato.
Se Pioli ha avuto certamente un impatto importante, nei suoi confronti, nessuno ci toglie dalla testa che anche l’assenza di pubblico, paradossalmente, abbia agevolato la sua maturazione. Perché il giocatore era ormai entrato nel mirino di una fetta importante dei tifosi di San Siro, sempre pronti a sottolineare ogni suo minimo errore. Tanto che Calabria giocava sempre teso, facendosi notare anche per ammonizioni ed espulsioni ingenue, figlie del nervosismo più che della foga. Ovviamente, da difensore, ci sta prendere il cartellino giallo, e anche con discreta frequenza: ma è ben diverso salvare in qualche modo un’azione pericolosa, piuttosto che farsi ammonire per proteste o per un inutile intervento in mezzo al campo.
E che dire di Alexis Saelemaekers, arrivato come un carneade qualsiasi nello scorso mercato di riparazione, e ormai diventato titolare a tutti gli effetti. Cambiando anche ruolo, rispetto a quello che si riteneva inizialmente: da terzino eccolo trasformato in ala, capace anche di segnare (già due i gol quest’anno in campionato, più uno nelle qualificazioni di Europa League). A Benevento, Saelemaekers non ci sarà, bloccato da uno dei tanti infortuni muscolari che stanno limitando in maniera importante l’organico rossonero. Ma ormai, le gerarchie sono state scalate: superato Castillejo, quando tornerà Ibrahimovic potrebbe doversela vedere con Rebic o con Leao. Ma ormai, nullo lo spaventa. E il suo valore, a fronte dei circa 7 milioni pagati un anno fa tra prestito e riscatto, è triplicato, per la gioia di Gazidis che vede proprio nelle operazioni alla Saelemaekers il cuore del business rossonero. Acquistare giovani di belle speranze che in poco tempo si trasformino in certezze assolute, pronte per contribuire, in campo, alle vittorie del Milan o, sul mercato, al riassestamento di un bilancio sempre più in rosso.
La ripartenza del Milan in campionato passerà dalla trasferta di Benevento, in programma domani alle 18 e la struttura dello stadio Vigorito non rievoca grandi ricordi ai rossoneri. Già, perché il 3 dicembre 2017, alla prima partita di Rino Gattuso da allenatore del Milan al posto di Vincenzo Montella, arrivò il clamoroso 2-2 firmato al 95’ dal gol di testa del portiere Brignoli, che espose i rossoneri ad un ulteriore carico di critiche e, sui social, di dileggio da parte dei tifosi delle altre squadre.
A ripensarci, sembra passata una vita da quell’uggioso pomeriggio in cui i gol di Bonaventura e Kalinic, inframezzati dal primo pareggio di Puscas, sembravano poter dare a Gattuso un esordio con vittoria. E invece no. Adesso si tratta di un altro Milan, di una squadra completamente ribaltata nella testa e nell’impostazione tecnico-tattica, capolista in Serie A e imbattuta nel post lockdown in campionato. Una squadra forgiata con pazienza e maestria da Stefano Pioli sul campo, ma anche dal comitato decisionale dietro la scrivania. Non ci sarà Theo Hernandez, che tornerà mercoledì contro la Juventus nel big match dell’Epifania, ma il Milan, a Benevento, vuole esorcizzare “la” strega, guidata in panchina da uno che dalle parti di Milanello conoscono molto bene, ovvero Pippo Inzaghi, che sta facendo un ottimo campionato dopo aver ottenuto la promozione in Serie A lo scorso anno dominando il campionato di Serie B.
Nessuno, tra Casa Milan e il quartier generale di Carnago, pronuncia la parola scudetto, ma stare lassù non dà più alla testa. Anzi. La volontà di tutto il gruppo squadra è quella di confermarsi tra le prime squadre del nostro campionato, il che vorrebbe dire – alla fine della stagione – centrare l’obiettivo della qualificazione in Champions League, crocevia fondamentale per l’ulteriore crescita tecnica ed economica di un club che, dopo anni di progetti zoppi, sembra finalmente aver intrapreso una strada precisa, seguendola con coerenza e perseveranza. I risultati hanno aiutato sicuramente a cambiare la concezione iniziale del programma di lavoro varato dalla proprietà e sposato da Maldini e Massara, ha visto perdere un pezzo importante come Zvonimir Boban (che ha vinto parzialmente il primo grado della causa intentata contro il suo licenziamento, il club ricorrerà in appello non appena avrà letto le motivazioni della sentenza) ed ha superato anche lo scontro ideologico che avrebbe potuto portare Ralf Rangnick al posto di Stefano Pioli, il quale si è ampiamente meritato la riconferma alla guida del progetto.
Con Theo fermo ai box per squalifica, toccherà a Diogo Dalot agire da terzino sinistro mentre al centro della difesa ci sarà il ritorno di Simon Kjaer al fianco di Alessio Romagnoli. Il pacchetto difensivo sarà completato da Davide Calabria sulla destra, con Gigio Donnarumma tra i pali. In mezzo al campo Franck Kessie, che aveva saltato la Lazio per squalifica, sarà accanto a Tonali mentre il dubbio di formazione è legato al trequartista di destra. Saelemaekers è infortunato, Samu Castillejo sta meglio e oggi si capirà se sarà dell’undici titolare o meno. In caso contrario, dentro Brahim Diaz con Calhanoglu e Rebic alle spalle di Leao.
Zlatan Ibrahimovic si sente un essere divino ma non possiede ancora il dono dell’ubiquità: il prossimo mercoledì 3 marzo, per esempio, non potrà essere attaccante a San Siro in Milan- Udinese e allo stesso tempo super ospite sul palco di Sanremo. In realtà per il doppio show, in campo e fuori, potrebbe non esserci bisogno di doti straordinarie: Ibra potrà fare l’una e l’altra cosa, in tempi ristretti ma comunque senza dover ricorrere a super poteri. La partita, come quasi tutte le altre della giornata, è in programma per la sera del 3 (Lazio-Torino e Juve-Spezia il 2, Parma-Inter il 4), il Festival terrà compagnia agli italiani dal 2 al 6 marzo. Per evitare sovrapposizioni (che nulla hanno a che vedere con l’agenda di Zlatan) il turno potrebbe anticipare di un paio d’ore: dalle 20 e 45, classico orario dell’infrasettimanale, alle 19. Fischio d’inizio che permetterebbe ai telespettatori di non dover scegliere tra calcio e musica. Anche perché saranno ancora tutti di fronte alla tv: inverosimile pensare a una riapertura degli stadi (anche se il presidente di Lega Dal Pino vorrebbe optare per un compromesso di sicurezza), e solo pochi selezionati potranno (forse) essere spettatori all’Ariston «vivendo» il Festival su una nave e sottoponendosi a controlli quotidiani. Orari da definire Non è un caso che la Lega di A abbia annunciato già da un paio di settimane anticipi e posticipi delle gare dalla 17a di andata alla 10a di ritorno: da sabato 9 gennaio a sabato 3 aprile il calendario è fatto, tranne che per gli orari della 6a di ritorno, quella del 3 marzo. Un programma che agevolerebbe la scaletta di Ibra: sia chiaro, la Lega non si muove in funzione degli impegni da star di Zlatan e nemmeno il Milan avrebbe mai chiesto di anticipare il proprio calendario sportivo per facilitare gli spostamenti extra del suo centravanti. Se gli orari restassero invece quelli notturni la presenza di Ibra a Sanremo avverrebbe probabilmente in video collegamento: Amadeus, a capo della direzione artistica del Festival a cui spetta l’intera organizzazione dell’evento, ha garantito la partecipazione di Zlatan in tutte le cinque sere del Festival. Vaccinati allo stadio A inizio marzo sarà difficile tornare a riempire gli stadi. Paolo Dal Pino apre però a una possibilità: «Penso che si debba far andare allo stadio i cittadini vaccinati» ha detto in un’intervista a Rai Radio 1. «La riapertura degli stadi dipende dal Governo. Io lamento ancora il fatto che la Serie A abbia presentato mesi fa un lavoro di 300 pagine per poter portare allo stadio in totale sicurezza il pubblico, circa il 20-30 per cento della capienza degli impianti, e non abbia mai avuto neanche una chiamata». I mancati incassi da botteghino continuano a pesare sui conti dei club, “salvati” dai fondi: «La fumata bianca è molto vicina – continua Dal Pino -. Ci aspettiamo il risultato finale pochi giorni dopo l’Epifania. Il calcio perde in questa stagione circa 600 milioni, l’ingresso di un miliardo e 700 milioni per il 10% della A rappresenta un sollievo finanziario rilevante. Poi lavoreremo per aumentare il nostro peso in federazione. L’anno appena trascorso vale 7 anni di vita. Ma spero che il 2020, anno difficilissimo, venga ricordato nel settore del calcio come l’anno delle idee»
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