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Non c’è otto senza nove? A Milano, zona Porta Nuova, ma anche ad Appiano Gentile lo sperano. L’Inter oggi pomeriggio sarà a Marassi, terreno di caccia che nelle ultime recite ha regalato solo sorrisi alla squadra nerazzurra. L’avversario odierno sarà la Sampdoria: gli ultimi tre precedenti, due con Spalletti in panchina, uno con Conte, dicono tre successi per l’Inter con 9 gol segnati e uno solo subito (col Genoa sempre tre successi, 9 gol realizzati e zero incassati).
Antonio Conte, però, sconfiggendo domenica per 6-2 il Crotone ha superato proprio il predecessore in quanto a successi consecutivi: Spalletti nella stagione ’18-19 sui fermò a sette, Conte è arrivato a otto e non vuole fermare la sua striscia. Anche perché così ha agguantato altri due filotti messi a segno da due allenatori che a Milano hanno lasciato un discreto segno, Roberto Mancini e Josè Mourinho. Il primo – che vanta il record assoluto del club in questa specialità con addirittura 17 vittorie consecutive nell’annata ’06-07 – nel campionato ’07-08 si fermò a otto (12ª-19ª giornata, poi arrivò uno 0-0 a Udine), così come lo Special One nella stagione successiva, l’08-09 (10ª-17ª giornata, quindi 1-1 casalingo col Cagliari).
Inutile sottolineare come le due strisce ebbero come risultato finale al termine del campionato lo scudetto. Chi, invece, si fermò a 7 non vinse il titolo e, per caso oppure no, perse la anche la panchina dell’Inter: Spalletti, appunto, nel ’18-19; Stefano Pioli nel ’16-17 (l’attuale skipper del Milan iniziò alla grande volando in inverno, ma poi fu esonerato a tre giornate dal termine dopo un crollo in primavera, sostituito da Vecchi, allenatore della Primavera) e Andrea Stramaccioni nel ’12-13 (il tecnico romano partì alla grande ed espugnò per primo lo Juventus Stadium, ma dopo il giro di boa del campionato, andò giù in picchiata).
Conte dopo aver salutato la Champions (e le coppe europee in toto), ha saputo raddrizzare la direzione in Serie A. Il filotto per ora non è servito a superare il Milan, ma ha riportato l’Inter in alto in classifica dopo un avvio a singhiozzo. Il ritorno al 3-5-2, il baricentro della squadra più basso con un pressing meno aggressivo e la scelta di affidarsi con continuità alla difesa tipo composta da Skriniar (che a Mediaset ha ammesso: «Le voci sul Tottenham? Non so se posso dire che mi abbiano fatto piacere; ma sul finire della scorsa stagione non ho giocato tantissimo e non ero molto contento; ma volevo comunque rimanere all’Inter»), De Vrij e Bastoni hanno riportato l’Inter alla sua dimensione.
Oggi con la Sampdoria, però, il tecnico punterà alla nona sinfonia nerazzurra, per un record personale e per mettere nuovamente pressione al Milan prima della gara con la Juventus, senza il suo totem in campo. Anzi, forse senza due suoi totem, entrambi probabilmente in panchina. Ma se l’eventuale esclusione di Vidal sarebbe tecnica, dopo la bocciatura – anche a parole dello stesso Conte – di domenica, quella di Lukaku sarà invece un’esclusione “felice”, visto che il belga aveva terminato la gara col Crotone in anticipo per un problema muscolare che aveva allarmato tutti. Ieri l’attaccante ha svolto gli esami strumentali che non hanno evidenziato però alcuna lesione e nel pomeriggio è partito con la squadra per Genova. Non verrà rischiato e sarà preservato in vista delle sfide con Roma e Juventus. Al suo posto davanti ballottaggio fra Sanchez (che nella scorsa stagione segnò il suo primo gol in nerazzurro proprio in casa della Samp) e Perisic (in gol con Parma e Real Madrid quando ha sostituito Lukaku infortunato).
L’altro attaccante, ovviamente, sarà Lautaro Martinez, reduce dalla tripletta al Crotone. Young e Darmian si giocano il posto sulla fascia sinistra, mentre a centrocampo dovrebbe essere Gagliardini, autore di 6 gol contro le squadre genovesi in 12 partite con la maglia dell’Inter (1 alla Sampdoria e 5 al Genoa), a rimpiazzare Vidal. Dovrebbe quindi partire ancora dalla panchina Sensi, ormai recuperato alla causa e reduce da diversi buoni ingressi in campo. Lo staff interista non vuole correre rischi e sta lavorando a un progressivo rientro del centrocampista, protagonista nei primi due mesi della prima annata nerazzurra di Conte.
A gennaio vince l’esperienza. Possibilmente low-cost, molto low-cost. Il mercato dell’Inter, stando alle indicazioni che arrivano dalla stanza dei bottoni nerazzurra, non partirà neanche, ma è evidente che Marotta, Ausilio e Baccin stiano valutando tutte le opportunità che il panorama italiano e internazionale offriranno per provare a rinforzare la rosa di Conte. Una rosa che andrà innanzitutto snellita per risparmiare qualcosa nel monte ingaggi e fare così eventuale spazio ai futuri neo arrivati. Nainggolan al Cagliari è stata la prima mossa, le prossime vedranno partire Pinamonti, nel mirino di diversi club di Serie A e dell’Eintracht Francoforte, e soprattutto Eriksen. Al momento per il danese non ci sono offerte né per un acquisto a titolo definitivo, né in prestito (qualche voce su Valencia, Wolverhampton e Ajax). L’Inter aspetta, è convinta che nella seconda metà di gennaio qualcosa si muoverà e con la uscita c’è la speranza di risparmiare almeno la spesa dell’ingaggio (circa 7 milioni lordi fino a giugno). Da Parigi? I rumors che arrivano dal fronte Psg dicono di no, ma ieri durante la sua presentazione da nuovo allenatore della squadra, Pochettino ha lasciato aperta una porta: «Eriksen? Adesso non è il momento di parlarne. Dobbiamo già valutare tutti i nostri giocatori che sono attualmente indisponibili. È un periodo difficile per tutti, ogni club deve adattarsi, ma penso che Leonardo farà le scelte migliori per la squadra e per raggiungere i nostri obiettivi».
Con le uscite di Pinamonti ed Eriksen, l’Inter a quel punto avrebbe la “forza” per accontentare Conte almeno sul fronte quarta punta (a centrocampo verrà reintegrato Vecino, finora out per infortunio). Non un vice Lukaku in senso tecnico, ma un elemento di maggiore affidabilità ad alti livelli e che permetta al tecnico di avere una variabile tattica in più nella corsa scudetto. I profili seguiti portano tutti a elementi di esperienza, sulla falsariga di quanto fatto dodici mesi fa quando, oltre a Eriksen, arrivarono l’allora 34enne Young e il 29enne Moses, giocatori che Conte conosceva bene (Moses lo aveva allenato al Chelsea), subito pronti all’uso. Senza poter investire chissà quali cifre, l’Inter non potrà andare su giovani di talento, quindi costosi, su cui puntare a lungo termine. Gli affari dovranno essere low-cost e autofinanziati. Per questo un’opportunità potrebbe condurre all’ex Eder, 34 anni. Al momento non ci sono conferme, ma l’oriundo porterebbe con sé diversi vantaggi: Conte lo conosce bene (Europei del 2016), potrebbe arrivare in prestito per sei mesi e con l’ingaggio magari parzialmente pagato dal club in cui milita ora, ovvero lo Jiangsu, la squadra cinese di Suning (Eder in Cina prende 5.2 milioni netti, dunque 2 in meno rispetto a Eriksen). In questo modo l’Inter non appesantirebbe troppo il proprio bilancio e avrebbe un giocatore pronto all’uso. Le alternative, come noto, portano al Papu Gomez (32), ma sul giocatore ci sono tanti club e l’operazione al momento è ancora troppo onerosa per l’Inter; e Gervinho (33), ma il Parma si trova in una situazione delicata di classifica e fa resistenza.
Una delle poche certezze è che Sampdoria-Inter “sarà la prima che Keita farà dall’inizio”. Per il resto – parola di Claudio Ranieri – in attacco tra i blucerchiati i dubbi non mancano. C’è un Quagliarella tentato dalle sirene juventine (“Non credo ci siano ripercussioni psicologiche per lui” dice il mister doriano) e comunque convocato, che potrebbe giocare al fianco del senegalese.
L’alternativa è soprattutto Verre come trequartista nel 4-4-1-1, più che Ramirez finito ultimamente un po’ fuori dai radar. «Gaston? Io tengo sempre tutti in considerazione, poi faccio le mie scelte» taglia corto Ranieri che si aspetta molto dai due ex nerazzurri Candreva e Keita. «I dati fisici di Antonio sono quelli di una macchina da formula uno. A me è piaciuto molto come ha giocato con la Roma, ha toccato più palloni di tutti e non ha avuto nessun calo – dice il tecnico doriano – Keita va aiutato ad entrare in condizione. Mi auguro possa darci una grossa mano. Ma non dobbiamo caricare di troppe aspettative il ritorno di questo ragazzo».
A centrocampo Adrien Silva al fianco di Thorsby vista la squalifica di Ekdal. «Il portoghese aveva preso una botta in allenamento l’altro giorno ma ha recuperato bene. Si è ripreso dopo molti mesi di inattività. Sono totalmente sicuro della sua piena efficenza. E’ un giocatore internazionale, ha vinto gli Europei col Portogallo. Mi dà ampie garanzie» dice Ranieri, stuzzicato anche dal duello con l’Inter e con Conte: «Mi sento legato ad Antonio perché è un ragazzo sincero. Siamo buoni amici. L’Inter la vedo con il suo carattere, determinata e volitiva. E’ una squadra costruita per vincere in Italia e lo era anche per vincere in Europa. Per fermarla servono concentrazione, determinazione e anche un pizzico di fortuna. Ci prenderemo qualche rischio in più rispetto alla sconfitta di Roma? Noi non entriamo in campo col freno a mano tirato, all’Olimpico non volevamo indietreggiare così tanto. Ma con l’Inter sarà comunque un altro tipo di partita».
Le vie della tv, a volte, diventano autostrade del cuore. Succede nella notte fra lunedì e martedì, nella Repubblica del Pallone, denominazione d’origine controllata Tiki Taka, ospite anche Tuttosport. Piero Chiambretti è sopravvissuto al Covid che, la notte in cui è guarito, si è portato via la mamma, Felicita. Con lo stile che lo contraddistingue e la sensibilità che lo accompagna, Piero guida il collegamento fra Cologno Monzese, studi Mediaset, e l’ospedale di Niguarda, dove Mauro Bellugi è ricoverato dopo essere stato aggredito dal virus e avere subito l’amputazione delle gambe. Nella videochiamata, uno dei Leoni di Wembley mostra una grinta e un coraggio straordinari. Da Monaco di Baviera interviene Karl-Heinz Rumminegge, che il mese scorso, in occasione del Golden Boy, Tuttosport ha premiato come manager dell’anno. Da Arezzo, ecco Francesco Graziani, grande amico di Bellugi come Oscar Damiani, presente in studio. Le parole di Mauro toccano tutti: «Il Covid con me ha esagerato, perché si è unito a una malattia del sangue che avevo già. All’improvviso, mi sono ritrovato le gambe nere e l’unica soluzione era amputarle. Anche perché di morire non ci penso nemmeno: ho una moglie, una figlia e un sacco di amici. E ringrazio tutti gli amici che mi hanno chiamato, che mi hanno scritto un messaggio. Quella sulle gambe di Pistorius era una battuta, ma invidio le persone che hanno più carattere di me e non mollano mai. Li ammiro tantissimo, infatti il mio idolo è diventato Zanardi. I paragoni con lui? Sulla sfortuna posso essere d’accordo, ma sul fatto di essere un eroe, lui è un’altra cosa rispetto a me. Lui ha passato delle cose pazzesche ed è riuscito a diventare un fenomeno. Non so come abbia fatto, per ora Zanardi mi batte 3-0». Poi, un’altra confidenza per raccontare un gesto di solidarietà che fa onore a chi l’ha compiuto, senza nessuna pubblicità: «Massimo Moratti vuole sostenere tutte le mie spese mediche perché mi ritiene uno di famiglia. Conosco la moglie, suo figlio e, quando giocavo all’Inter, suo papà Angelo mi regalò anche una villa a Stintino dopo avermi fatto firmare il contratto, che, posso dirlo, era di 33 milioni di lire». E quando Piero esorta Mauro («Cosa vogliamo dire a tutti quelli che, ancora oggi, pensano che il Covid sia un’influenza?»), Bellugi sbotta: «Sono qui in camera. C’è un ragazzo, si chiama Marco Mercurio, è juventino, è stato 40 giorni intubato, ha perso i muscoli, ha perso tutto: è stato 40 giorni intubato in un letto e vogliamo scherzare sul Covid? Mi viene da piangere. Ho visto una sera un signore che era nella camera di là: al telefono salutava la moglie, la mamma e stava morendo. Ho visto ’sta cosa, capisci?». Rummenigge: «Sono molto commosso dal tuo comportamento. Le gambe sono tutto per un calciatore: Mauro, ti auguro tutte le cose positive». E Bellugi: «Quando Kalle correva, tremava il terreno…». A noi hai fatto tremare il cuore, Mauro.
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