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L’anno scritto a Napoli, città romantica: «Innamoratevi di qualcuno che vi cerchi come Insigne cerca Callejon». Quella giocata è diventata marchio di fabbrica, uno spettacolo per gli amanti del calcio: Lorenzo dalla fascia sinistra rientra sul destro e serve José che taglia dietro il terzino avversario da destra verso il centro. Tutti conoscevano quel movimento, pochi sapevano difenderlo. Perché lo spagnolo è maestro nel trovare i tempi giusti per la profondità, per colpire alle spalle le terze linee. E il napoletano sa accarezzare il pallone come pochi. Hanno giocato per sette anni insieme: 217 partite di campionato in cui il Napoli ha segnato in media 2 gol a partita, valore che scendeva del 10 % se mancava uno dei due. Dal 2013 al 2020, il napoletano ha creato 496 occasioni, lo spagnolo: 443. Nello stesso periodo solo Gomez (514) e Pjanic (471) hanno retto quel ritmo eccellente.

Insieme hanno fatto sognare i tifosi azzurri e oggi da avversari verrà loro da ridere, per la confidenza avuta in campo e fuori. Il tridente con Mertens era quello della Banda Bassotti: che spettacolo. Nel frattempo non sono cambiati molto. Il capitano del Napoli continua a segnare e far segnare. E quel “taglio alla Callejon” sta imparando a trovarlo Lozano, che a destra ha preso il posto dello spagnolo nell’attacco azzurro, con ottimi risultati in termini di gol. Da parte sua “Calleti” a Firenze ha convinto Cesare Prandelli («Non posso rinunciare alla qualità», ha ribadito ieri riferendosi proprio all’ex azzurro), anche perché nel 34-2-1 che il tecnico ha plasmato per lui, lo spagnolo ha cominciato a incidere e domenica scorsa ha confezionato il primo assist viola, per mandare in gol Vlahovic e far vincere alla Fiorentina contro il Cagliari la prima partita del 2021.

Ma oltre la tecnica e la tattica c’è molto di più. Peccato che al Maradona oggi non potrà esserci il pubblico. Perché sarebbe scattato tutto in piedi per applaudire Callejon. Un gesto sincero di affetto e anche il tentativo di colpire al cuore il giocatore viola e “neutralizzare” quei tagli che toccherà a Mario Rui tamponare. Cosa proverà oggi entrando dal sottopassaggio nel “suo” stadio lo racconterà alla moglie e alle figlie napoletane. Ieri attraverso i canali social della Fiorentina ha mandato il suo messaggio, sincero, affettuoso: «Sarà un’esperienza strana, però sono contento di tornare allo stadio che si chiama non più San Paolo ma Diego Maradona e di rivedere i miei compagni. Il ricordo più bello? I sette anni meravigliosi trascorsi là. Napoli è stata casa mia, la gente è stata meravigliosa così come i compagni e gli allenatori. A tutti quanti voglio molto bene. Questo è il lavoro, il calcio, e loro capiranno che ora sono qui, che difendo questi colori e speriamo di fare una bella partita». Un ottimo giocatore e soprattutto un galantuomo che a Firenze stanno cominciando a conoscere ed apprezzare.

José dopo un gol ringrazia con un inchino da torero: con la maglia azzurra lo ha fatto 82 volte in 349 partite. È mancata una sola presenza per raggiungere l’incredibile media di 50 partite a stagione. Perché da Benitez a Sarri, da Ancelotti a Gattuso, nessuno ha voluto mai rinunciare alla sagacia tattica di José. Sarri diceva: «Quando metto Callejon so che oltre a un attaccante ho un centrocampista e un difensore in più». E alla bisogna, al Napoli ha fatto dal centravanti al terzino, dal mediano alla mezzala. Solo i guantoni del portiere non ha messo.


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