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Da mesi si va parlando dei rinnovi di Gigio Donnarumma e Hakan Calhanoglu con il Milan. Due questioni che, se scritturate da uno sceneggiatore, potrebbero essere tranquillamente la trama di una serie su Netflix. Il lieto fine, ad oggi, non è ancora scritto tra la fiducia fatta trasparire dalla società e il mutismo degli entourage dei due giocatori, che rispettano in pieno una linea comunicativa concordata con i loro interlocutori. Ma è evidente che più passino i giorni e più la tensione, almeno nei tifosi, salga poiché Donnarumma e Calhanoglu sono visti come due pedine fondamentali per la squadra allenata da Stefano Pioli.

E come dar torto a questa osservazione, visto che è il campo a confermarlo. Gigio è un portiere che porta punti con le sue parate mentre il turco è finalmente sbocciato sotto tutti i punti di vista, anche grazie al cambio di modulo della scorsa estate che lo ha messo al centro della manovra offensiva milanista. Rinnovare i loro contratti, però, significa anche uno sforzo economico importante per il club, molto attento agli equilibri finanziari e al monte ingaggi. Le richieste di entrambi i calciatori sono alte, anche se sono già state limate. Le voci dei 10 milioni chiesti da Raiola per il contratto di Gigio sono una quasi verità, ma l’agente italo-olandese sa bene che in periodo di covid nessuno gli potrà mai offrire tutti quei soldi. Calhanoglu aveva sparato alto, con 7 milioni adesso scesi a 5 contro i 4 proposti dal Milan mentre a Gigio ne sono stati offerti 7,5 più bonus per cinque anni. Numeri importanti, che ancora non soddisfano del tutto gli entourage dei giocatori con un grande paradosso: sia Donnarumma sia Calhanoglu hanno espresso la loro volontà di voler continuare con il Milan.

Il club adesso deve fare una scelta sul come investire i propri soldi. La prima strada, che è quella primaria, è quella di voler trovare un accordo per trattenere i due calciatori a condizioni economiche sostenibili e che ridiano al Milan il potere sul cartellino. Ma è evidente che, per farlo, saranno necessari degli sforzi che potrebbero essere calmierati dall’ingresso di denari freschi in caso di qualificazione alla prossima edizione della Champions League. Lo scenario è plausibile e percorribile oltre ad essere quello prefigurabile dall’ambiente milanista. Anche perché, nel caso in cui Donnarumma e Calhanoglu non dovessero rinnovare, il Milan si troverebbe con più problemi da affrontate. Il primo è di natura prettamente tecnica, poiché reperire sul mercato dei sostituti che siano all’altezza di questi due giocatori non è impresa facile. Inevitabilmente, con due ruoli così importanti scoperti, i profili che il Milan andrebbe a trattare potrebbero venire a costare tanto a livello di cartellino con il rischio che poi, come accaduto in passato, possano rimanere sul groppone qualora non dovessero rendere come aspettato. E nemmeno l’ottima area scouting potrebbe proporre dei profili che, almeno inizialmente, non abbassino il livello globale della rosa.

Appare evidente che davanti ad una quasi parità di investimenti tra stipendi lordi da versare ai calciatori e acquisizioni dei cartellini più ingaggi di eventuali nuove facce, la strada più sicura – sotto molti punti di vista – sia quella di puntare ai rinnovi di contratto di Donnarumma e Calhanoglu, mettendo in preventivo che una squadra che tornerà in Champions League, se si chiama Milan, avrà inevitabilmente un innalzamento del monte salariale poiché il rischio, nemmeno così imprevedibile, è che anche i calciatori già contrattualizzati e che hanno un certo peso come Theo Hernandez, Kessie e Bennacer oltre a Romagnoli, possano battere cassa per vedersi riconosciuti i loro miglioramenti. Forse sarebbe il caso di anticipare i tempi.

Un autentico rullo compressore: quando il Milan gioca in trasferta, in questa stagione, non ce n’è quasi per nessuno. Segno evidente di una ulteriore acquisizione di maturità che si manifesta ormai da diversi mesi. Si potrebbe disquisire a lungo se questo strapotere esterno sia o meno legato alla mancanza di pubblico e quindi, al fatto che in realtà, oggi, giocare in trasferta non è la stessa cosa di quando si giocava in presenza del tifo. Ma sarebbe l’ennesimo tentativo di spiegare in qualche modo il primato del Milan, cercando di sviare l’attenzione sui veri meriti. Come se per le altre squadre non valesse lo stesso discorso… Come se davvero fossero i rigori, in questo momento,a fare la differenza.

C’è da dire che le vittorie fuori casa sono state una diversa dall’altra. A cominciare dal quella ottenuta a Crotone con il più classico dei risultati, vale a dire 2-0, il 27 settembre scorso. E’ stata la prima delle dieci partite disputate lontano da San Siro: nove vittorie e un pareggio il computo totale prima della gara di oggi, in programma a La Spezia. Importante anche vedere dove sono state ottenute le vittorie in trasferta: Napoli e Inter,in assoluto, quelle di maggior prestigio, ma anche la conferma che molte partite non sono state certamente complicate. Però resta il dato, inequivocabile.

Va quindi sottolineato l’impresa del Genoa, l’unica squadra che in questi quasi cinque mesi di campionato è riuscita a bloccare il Milan. Anzi, per certi versi è anche andato vicino alla clamorosa impresa: lo scorso 16 dicembre i rossoneri sono finiti due volte sotto, a causa dell’esplosione di Destro, che non segnava da una vita. Alla prima rete del centravanti aveva risposto Calabria, alla seconda Kalulu, un’altra delle grandi scoperte dei talent scout del Milan, arrivato a costo zero. Non sarà facile confermarsi su questi livelli, nel girone di ritorno: vero che si è già cominciati esattamente come si era finito, ovvero vincendo a Bologna; vero che la trasferta di oggi è insidiosa, ma è comunque contro una neopromossa. Per capire se il trend rimarrà bisogna forse aspettare la gara tra 15 giorni, all’Olimpico, contro la Roma. E poi, in stagione, ci sarà ancora da andare di nuovo a Roma contro la Lazio, a Torino, a Bergamo. La squadra verso lo scudetto, come si vede, è ancora molto lunga…

Un sondaggio tra i tifosi milanisti di tutto il mondo per premiare il miglior slogan motivazionale, che poi sarà appeso nello spogliatoio della squadra rossonera a San Siro. È il sogno di ogni sostenitore, che così potrà sentirsi come gli allenatori abituati a disseminare i centri sportivi di frasi ispirate per caricare il gruppo.

L’iniziativa, lanciata dal Milan in collaborazione con uno dei suoi sponsor, partirà la prossima settimana. È un modo per cercare di ridurre virtualmente le distanze col proprio pubblico in questa fase di lontananza obbligata a causa delle porte chiuse. Una delle tante idee che le società devono elaborare in questa fase per tentare di ammortizzare gli effetti rovinosi degli stadi deserti. Anche a livello commerciale, occorre percorrere strade alternative per offrire servizi agli sponsor che non beneficiano più delle aree hospitality degli stadi, una delle voci di ricavo più importanti negli ultimi anni.

I club stanno organizzando numerosi video-collegamenti con le aziende. Sono richiesti sia i calciatori che i dirigenti. In casa Milan, per questi incontri a distanza con i manager, vengono spesso chiamati Ivan Gazidis e Paolo Maldini.
Recentemente Davide Calabria ha risposto alle domande dei tifosi in una chiacchierata a tema sul prodotto di uno sponsor rossonero. Si tratta di novità che piacciono alle aziende. Al punto che proseguiranno anche quando tornerà finalmente la normalità degli stadi con il pubblico.

La firma mercoledì alle 15 e 30, ieri l’ufficialità, poi via call conference il primo consiglio di amministrazione. Robert Platek, 56 anni, attraverso una società della Florida, che si chiama Westchester South Investments, si compra lo Spezia. Che per la prima volta in 115 anni avrà un proprietario non italiano.

La svolta oramai era stata preparata nei dettagli dai legali dello studio Chiomenti a Milano, interfacciati con quelli dell’altro studio Grimaldi, che faceva invece da advisor alla Stinchting social Sport, che ha ceduto l’intero pacchetto di quote. Una trattativa a step che ha portato alla fine Platek ad approdare nel campionato di serie A entrando da una porta principale:«Siamo felici per l’acquisizione dello Spezia Calcio – ha dichiarato – La Serie A è l’elite ed è da tempo che cercavamo un’opportunità di partnership con un Club italiano di cui apprezzassimo la Mission, l’Ethos e l’Etica. Così è stato con lo Spezia, perché il club ha gli stessi valori in cui crede la nostra famiglia: il lavoro e l’umiltà. Siamo onorati di poterlo supportare e aiutarlo a crescere puntando a ottenere successi futuri e a rendere orgogliosi i fedelissimi fan».

Philip Platek, fratello di Robert, sarà il nuovo Vicepresidente della società ed ha affermato:«Siamo onorati di poter portare avanti la tradizione di Spezia Calcio, una squadra che ha lavorato duramente per poter entrare in Serie A. Siamo inoltre contenti di poterci affiliare agli Aquilotti, i fan del team, ora e negli anni a venire». È importante per i Platek mantenere la continuità con il management precedente che è riuscito nella promozione. Resteranno tutti nelle loro posizioni, inclusi il Presidente Stefano Chisoli, Mauro Meluso, il Direttore sportivo, e il tecnico Vincenzo Italiano. Nel board quindi anche il fratello di Platek ma soprattutto la figura di Nishant Tella, che avrà ruolo di amministratore delegato e dal quale passeranno molte delle cose tecniche del club, che ha si deciso di non variare lo staff ma che sta già pensando lungo, verso giugno, quando entreranno in azione le idee americane future. Robert Platek, insieme a sua moglie Laurie Platek e ai tre figli Amanda, Caroline, RobertJunior e con suo fratello Philip Platek, quindi tutti grandi sostenitori della Serie A, «per un investimento generazionale nello Spezia, dando il via a un progetto a lungo termine».

C’è subito il nodo dello stadio Alberto Picco da risolvere, non facile, oggi in deroga, ma non idoneo così com’è per un secondo anno di serie A che costringerebbe gli aquilotti in caso di salvezza a giocare a Pescara.«La famiglia Platek spera di vedere al più presto il sindaco Pierluigi Peracchini, i fan e chi ha contribuito al successo del club in modo da poter discutere i diversi aspetti di una futura collaborazione. Gli incontri a oggi non sono stati possibili solo per motivi di riservatezza e per il rispetto dovuto a Gabriele Volpi». La scossa quindi arriva, ed è importante, per una trattativa lunga e con lo Spezia che da almeno tre anni era sul mercato per vendere soprattutto se stessa, in autogestione e con una situazione che era sotto controllo finanziario. L’alchimia della promozione in A, creata da Guido Angelozzi, ha dato una spinta al movimento ma non alla Proprietà che oramai era indirizzata a lasciare.

Si chiude forse la pagina più bella della lunga linea bianca, un periodo d’oro che ha portato la società a grandi livelli; basti pensare agli allenatori che si sono succeduti nell’Era Volpi: da Marco Rossi oggi mister dell’Ungheria, a Devis Mangia che allena Malta o Nenad Bjelica all’Osjek e prima con la Dinamo Zagabria in Champions; a coloro che sono cresciuti dal vivaio e oggi giocano in Europa come Okereke, fino a chi, dallo stesso vivaio ha fatto tutta la trafila da spezzino per trovarsi in A: Vignali, Maggiore e Bastoni. Volpi lascia con il grazie della gente comune ma anche con il rammarico di tanti di aver abbandonato la squadra e lo stadio troppo presto, forse vivendo questa esperienza senza pathos. Italiano ha tenuto abilmente i giocatori fuori da ogni voce, concentrato al massimo sulla partita e sul campionato; ieri ha spinto soprattutto per riavere in gruppo Mattiello e per far fare una parte di allenamento con i compagni a Piccoli e Nzola, dovendo però rinunciare a Farias e Terzi contro il Milan. Quella con i rossoneri sarà la prima di Platek da proprietari del club bianco. Una sfida a Paul Singer, del gruppo Elliott che detiene le azioni del Milan. Al Picco tanto Made in Usa non si era mai visto.

«Sono arrivato qui perché ho un sogno per questo club. Un sogno calcistico, che potrà diventare realtà solo con il lavoro». Quando è arrivato al Milan, lasciando il suo posto all’Arsenal, Ivan Gazidis sapeva che non sarebbe stato un cammino facile quello che lo attendeva. I rossoneri erano reduci dalla ombrosa gestione cinese capitanata da Yonghong Li ed erano passati, in estate, sotto il controllo di Elliott. Che in quel periodo avrebbe voluto prendere anche Umberto Gandini con una possibile formula a due teste per quanto riguardava la carica di amministratore delegato. Alla fine la scelta ricadde su Gazidis (anche Marotta era stato sondato dal fondo di Paul Singer) al quale, fin dal primo giorno, venne data carta bianca sulla ricostruzione globale della quale il Milan aveva necessità. Perché le macerie economiche, organizzative e strutturali che i cinesi avevano lasciato in eredità erano tantissime. Ivan ha vissuto diverse turbolenze, interne ed esterne, da quando ha preso in mano il timone del Milan ma sempre con il grande supporto di Elliott alle sue spalle.

PERCORSO CHIARO

La strada per tornare ad essere ampiamente competitivi è stata imboccata, ma come ha detto Paolo Maldini a BeIn Sports lunedì sera, serviranno almeno due anni di partecipazione piena alla Champions League per poter dare al Milan una squadra di altissimo livello. Servirà ridurre le perdite e aumentare i ricavi, cosa non semplice in questo periodo storico, ma Ivan Gazidis – alla sua prima intervista in italiano, concessa in esclusiva a Sky Sport – ci crede: «Elliott ha una visione chiara. Vuole un Milan in alto, con valori locali, vincente, vuole il Milan in uno stadio nuovo, il più bello del mondo. Elliott ha sempre detto che non c’è una scadenza, ha supportato il club in maniera davvero forte. Adesso questo club può guardare con fiducia al futuro e io voglio far parte del ritorno di questo club tra i grandi. Sono orgoglioso, mi sento tifoso, oggi mi sento davvero milanista». Gazidis poi aggiunge: «E’ un sogno tutto questo, ma non abbiamo vinto nulla. Siamo sulla strada giusta. Noi lavoriamo ogni giorno. Il focus è La Spezia. Di notte sogno come i tifosi, ma di mattina lavoro, questa è la nostra attitudine». I bilanci, con la crisi economica dovuta alla pandemia, non fanno sorridere per i numeri che producono, ma il Milan è una delle poche società a non avere debiti nei confronti di terzi ed ha una proprietà solida alle spalle. Ma non nega che il club non se la sia passata bene: «Il Milan ha passato un momento duro. I ricavi erano pochi. La coperta era corta, le spese tante. Era dura avere un bilancio sano e migliorare le prestazioni della squadra. Ma la sfida è grande ed è in corso. Questo club non deve dipendere da una persona. Stiamo facendo di tutto per riportare il Milan in alto. Io – aggiunge – ho fatto e farò errori, ma agirò sempre nell’interesse del club».

UOMINI GIUSTI

Maldini, Massara e Pioli sono le figure che hanno dato una svolta al lato calcistico del Milan e di loro, Gazidis, parla in toni entusiastici partendo dall’allenatore: «Stefano ha capito subito che qui c’è pressione. Stefano è arrivato in un momento duro. La cosa impressionante è che Stefano si è focalizzato sul lavoro, no parole, ma fatti. Sono ‘innamorato’ di Stefano. Rangnick? Per me la scelta va fatta per merito sportivo, la cosa che mi ha sorpreso è stata l’attitudine sul campo di Pioli. Approccio moderno, che abbraccia i talenti giovani. Stefano usa dati, analisi, video, e capisce che i 5 secondi di transizione sono i momenti più importanti del calcio. Un anno fa esatto, abbiamo perso contro l’Inter… ma da lì capimmo che c’era qualcosa». Su Maldini, invece, aggiunge: «Con Paolo, all’inizio, avevamo lingue e culture differenti. Ma adesso cresciamo insieme. Adesso la nostra relazione è forte. E si vede. Ma non sempre siamo d’accordo, ed è normale che sia così. Lui rappresenta il club, la storia. Ma non ho scelto Paolo per questo. Ma perché vedevo qualcosa di speciale, uomo umile e di valori, voglia di imparare, pensa alla squadra, è onesto, ha qualità. E’ un uomo che si distingue anche nei momenti difficili. Io spero che Paolo resti qui a lungo, non vedo un limite per Paolo qui. E’ da Milan, è speciale».

FIDUCIA NEI RINNOVI

Il tema focale degli ultimi mesi riguarda i rinnovi di Calhanoglu e Donnarumma e qui Gazidis non si tira indietro: «Vogliamo che restino qui, sono importanti, stiamo facendo di tutto. Faremo tutto il possibile, ma sarà anche una scelta dei giocatori che rispetteremo ma ho fiducia, per un accordo»- E poi arriva l’elogio a Ibrahimovic: «Rinnovo? Perché no – ammicca Gazidis che prosegue -. Zlatan è l’eccezione a tutte le regole. Ibra è speciale, ha qualità, è incredibile. Per lui questa è la sfida più grande, bella e romantica della sua carriera. Sente emozione per questo club. Lui potrebbe ritirarsi domani, avrebbe già fatto tutto. Ma questa sfida è speciale: guidare un gruppo verso nuove frontiere. E credo lui senta questa sfida».


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