«Davanti a noi ci sono settimane dure, ma abbiamo nuovi strumenti. Avremo molte più dosi di vaccino in arrivo e la possibilità di costruire spazi, ci saranno sempre più luoghi in Italia dove vaccinarsi», ha detto ieri il ministro della Salute, Roberto Speranza, durante la presentazione del treno sanitario e dell’hub alla stazione Termini. Tutto bene, quindi?
No. Per nulla. Perché quello che il ministro continua a non citare nelle sue rassicurazioni è il terzo elemento della catena vaccini-vaccinandi-vaccinatori che deve essere organizzata per estrarre il massimo della produttività da ciascuna delle risorse impiegate, come una catena di montaggio da cui deve uscire come prodotto un cittadino immunizzato al Covid.
Gli spazi per vaccinare ci sono, i vaccini non sono mai mancati e non mancano. Anzi, paradossalmente abbiamo il problema opposto perché lo stock sta diventando sempre più difficile da smaltire. E anche da calcolare, visto che il contatore delle consegne si è inceppato di nuovo.
Si tratta dei dati grezzi pubblicati sul sito Gi-thub direttamente dal ministero della Salute che poi fluiscono sul report quotidiano, pubblicato online sul portale del governo. Ebbene, il «cruscotto digitale» dei vaccini ha ricominciato ad andare in tilt sulle consegne – rimaste ferme per sei giorni e ripartite magicamente ieri sera, caricando però solo le Pfizer – facendo sballare anche gli altri indicatori, compresi quelli sulle scorte. Una stima si può comunque elaborare in base alle commesse previste.
E il numero di dosi ancora in frigo è preoccupante: 3,1 milioni. Vediamo come siamo arrivati a questo numero partendo da Pfizer: secondo il contatore Github, fermo al 4 marzo, sono state consegnate 5.202.990 dosi. Se si aggiungono quelle previste per ieri, arriviamo a quota 5.852.990. Poiché ne sono state somministrate 4.549.667, abbiamo 1.303.323 dosi non inoculate.
Per Moderna parliamo di 743.000 dosi consegnate (493.000 sul cruscotto del ministero non aggiornato, ma dovrebbero essersene aggiunte 250.000 nell’ultima settimana) e di 192.492 somministrate, con una scorta quindi di 550.508 vaccini. Quanto ad Astrazene-ca, qui i calcoli si fanno ancora più complessi perché secondo Github sono state consegnate 1.512.000 dosi cui però vanno sommati 470.000 vaccini che dovrebbero essere arrivati tra il 6 marzo e ieri, per un totale di 1.982.000 vaccini.
Ebbene, di questi ne sono stati somministrati 675.519 creando una scorta di 1.306.481. Facendo la somma delle dosi non ancora utilizzate di Pfizer, Moderna e Astrazeneca già consegnati, otteniamo un totale di 3.160.312. E anche se la stima sulle dosi di Astrazeneca non ancora contabilizzate sul contatore fosse sbagliata, viaggeremmo comunque attorno ai 2,8-3 milioni. Un’enormità. Destinata ad aumentare, considerando che entro la fine di marzo potrebbero arrivare a più di 10 milioni di dosi di tutti e tre i vaccini già previsti. E anche se riuscissimo a tenere un ritmo di 200.000 vaccinazioni al giorno, (la vaccinazione di massa è comunque destinata a partire dopo aprile), significa arrivare a circa 6 milioni di somministrazioni, accumulando altre 4 milioni di scorte.
Quindi, riassumendo: i vaccini ci sono, i target di persone da vaccinare sono lì che aspettano di essere raggiunti. Il ritmo però non può decollare senza vaccinatori, ovvero i rinforzi per inoculare le dosi senza lasciarle ferme nei frigoriferi. La Verità lo scrive ormai da settimane, riportando con un mantra il monito degli esperti di logistica industriale (che al governo avrebbero dovuto ascoltare prima di varare una campagna che per mesi ha navigato a vista).
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