Tutto quello che avreste voluto sapere su Verdone e non avete mai osato chiedere lo troverete in Vita da Carlo, la serie disponibile su Amazon Prime dal 5 novembre. Nella sua prima fiction l’attore e regista interpreta se stesso in un irresistibile intreccio di realtà e finzione. All’apice di una carriera longeva («Quando ho cominciato questo lavoro non pensavo di durare così tanto») che ha segnato l’immaginario collettivo, si ritrova talmente sommerso dall’amore del pubblico che non riesce quasi a sopravvivere.
Al suo fianco, attori nei panni di persone reali: la moglie dalla quale è separato da anni ma da cui non ha divorziato, i due figli, la storica governante, oltre a personaggi di fantasia, come la farmacista interpretata da Anita Caprioli, che ci accompagna in questa intervista.
Non è un caso se l’amore in scena sboccia proprio con la dottoressa in farmacia, data la nota propensione di Carlo per la medicina. La farmacia è un posto rassicurante? Verdone: «Di più, è un luogo dove mi diverto come entrando in un negozio di dischi chiedendomi: cos’è uscito oggi?». Caprioli: «Anche a me piace andarci per scoprire i nuovi prodotti di bellezza. Per Carlo è anche uno dei pochi posti dove trova calma e serenità».
La serie racconta infatti la fine della privacy per un personaggio amato come Verdone. È proprio così? V: «L’affetto della gente è bellissimo, ma a volte mi trovo a fine giornata a chiedermi: oggi che cosa ho fatto per me? È tutta la vita che mi do agli altri, che mi consumano proprio. Dipende dalla mia proverbiale generosità, sono fatto così e per questo mi sono preso molto in giro». C: «Quando esci con Carlo l’esperienza è abbastanza impressionante.
Capisci che andare al cinema o a una mostra per lui dev’essere molto difficile. Io per fortuna non ho quella dimensione di popolarità e preservo il mio privato (Anita sta con l’attore Daniele Pecci, hanno una figlia di 5 anni, ndr)». Perché proprio una serie Tv? V: «Perché non provarci? Ho iniziato la carriera con la stessa macchina da presa che usava Fellini ne La dolce vita: arrivare alla telecamera digitale di questa serie significa aver attraversato un arco di tempo incredibile. Al suo interno, nel 1987-88, anche la svolta autoriale con Io e mia sorella e Compagni di scuola: con quei film lasciavo la serie dei personaggi».
Come mai hai scelto Anita Caprioli? V: «Quando avevo 19 anni c’era una farmacista bellissima nel paese vicino a quello dove ho la casa in campagna. Mi sarei voluto fidanzare con lei, ma era più grande di me e non successe nulla, però mi è rimasta in mente. Anita ha un volto dolce ed è piena di grazia e gentilezza com’era lei». C: «Avevamo già lavorato insieme e sapevo quanto è protettivo. Carlo ama i suoi attori perché li ascolta veramente».
L’amore, nella vita vera di Carlo Verdone, c’è? V: «Sì, c’è una persona con la quale sto bene, non sono più da solo, ma non dico altro». Questa serie ti farà conoscere anche all’estero, hai voglia di una svolta più internazionale? V: «Il mio rammarico fu qualche anno fa quando, vincendo un premio in Francia, un distributore d’oltralpe voleva comprarmi, ma Cecchi Gori sparò una cifra altissima per farsi dire di no, pensando già di vendere tutti i suoi film alla Rai.
Non aveva interesse a distribuirmi all’estero. Chissà se questa serie piacerà negli altri Paesi». Vorresti fare il sequel? V: «Se me lo chiedono certo, perché vuol dire che ha avuto successo. Anche se è stata una fatica stremante e in certi momenti avevo paura di esplodere fisicamente. La Tv ha ritmi velocissimi, infatti mi sono fatto aiutare alla regia da Arnaldo Catinari e appena finito ho detto: mai più una serie! Ma ora sono contento del coraggio che ho avuto dopo 44 anni di carriera».
Vorresti fare un film drammatico, come sogni nella fiction? V: «No, non mi interessa. E non mi fido dei critici anche se è difficile buttarmi giù. Sono abbastanza intelligente da capire quando sarà il momento di togliere il disturbo; tanto il mio obiettivo l’ho raggiunto. E sarà un gran giorno perché mi riapproprierò di me e non cadrò in depressione com’è accaduto a tanti altri attori. Ho dato tutto me stesso: tutto».
In Vita da Carlo, al centro dell’intreccio c’è sempre la famiglia: quanto è importante nella realtà? C: «È fondamentale, parte tutto da lì: è la base del proprio equilibrio e ne fanno parte anche gli amici, che ci aiutano a crescere e a metterci in discussione». V: «Nonostante sia separato, ho mantenuto un rapporto ottimo con Gianna, la madre dei miei figli, Giulia e Paolo. Sono ragazzi solidi, che si sono costruiti il lavoro da soli, senza chiedere niente. Hanno un’educazione tedesca, una mentalità aperta, abituati a viaggiare e molto autonomi. L’attenzione che ho per la mia famiglia è superiore a tutto il resto e il premio più grande per me è che i figli siano felici e sereni. Quello che succede a loro è più importante di qualsiasi cosa possa capitarmi: io ormai il grosso l’ho fatto, mentre loro hanno tutta la vita davanti. Per tutto questo devo ringraziare la mia famiglia d’origine, molto salda che, con ironia e un pizzico di severità, mi ha permesso d’intraprendere questa carriera, che mi ha dato così tanto».
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