A Sanremo, dal 1° febbraio, sarà la “veterana”: «Ne vado fiera! Faccio il tifo per i giovani, ma se arrivo ultima divento una iena». Ironica, energica, passionale come non mai: «Non posso addormentarmi senza il bacio della buonanotte di Fausto: è un gran rompi, ma mi fa ancora sentire bella anche quando, diciamolo, mi sento un cesso. Mi dice: “Hai delle gambe che le 20enni si sognano!”»
Milano, gennaio on aspettatevi risposte diplomatiche. Non da Iva Zanicchi, non al suo undicesimo Sanremo. «Ma soprattutto, non a 82 anni, e mi dicono che non dovrei sbandierare la mia età ai quattro venti, ma io ne sono orgogliosa, che c’ho più energia di mia figlia che ha 50 anni.
E posso permettermi di dire che a Sanremo non vado mica per vincere, anzi tifo per i giovani io. Ma se arrivo ultima divento una iena». Vola un’ora di chiacchiera con la signora della canzone, che nei suoi preparativi per il Festival ti ci trascina….
«Cara, scusa un attimo che devo salutare il mio amico e stilista Artemio di Parma, mi ha fatto provare gli abiti per Sanremo, e sono felicissima. Di grande gusto, sobri, non fru fru, intonati alla mia canzone, nel solco della tradizione, Voglio amarti, bellissima, arrangiata da Celso Valli, il più grande».
Non si scompone quando le danno della veterana dell’Ariston? «Ma io ne vado fiera! Mi sento piena di energia e sono di stimolo anche a quelle con 20 anni meno di me che si sentono vecchie: sai che dopo il Festival mi hanno chiamato, Covid permettendo, per una tournée in Sud America e poi Stati Uniti e Canada? E io ci vado, ho voglia di questi progetti qui.
Per dire: ieri mi sono alzata alle 5, alla 7 ero su un treno per Roma, ho provato la canzone con l’orchestra di Sanremo, una emozione incredibile, con i musicisti che alla fine applaudivano, poi ho ripreso il treno, alle sera ero a casa, stravolta, ma più di me mia figlia che mi ha accompagnato».
Michela, sua figlia, è anche la sua discografica, con la sua etichetta Luvi, dai nomi dei digli, suoi nipoti, Luca e Virginia. Il suo primo Festival nel 1965, l’ultimo nel 2009, in mezzo tre vittorie (1967, 1969, 1974). Ora va per sfida o divertimento? «Divertimento puro. Però è qualcuno che possa andare all’Eurofestival come l’anno scorso i Maneskin, e sbancare».
Ma li conosce tutti? «Oddio aspetta, un attimo, i nomi?». Dargen D’Amico, Rkomi, Highsnob e Hu, Blanko, Aka7even… «Ecco, sembra un digestivo! Scherzo eh. Colpa mia che non li conosco. Se per questo, nemmeno i Maneskin l’anno scorso conoscevo e invece appena li ho sentiti ho fatto il tifo per loro».
È stata lei a cercare Amadeus? «Dico la verità: l’ho cercato io. “Ama ho una bella canzone”. E lui forse pensava che mi proponessi come ospite. Per carità, sempre un onore, ma io volevo tanto gareggiare. Perché poi so di certo che verrà alla grande questo Sanremo, un Festival per tutti, dove c’è musica giovanissima e poi meno male che ci sono Ranieri e Morandi a farmi compagnia».
E con sua figlia accanto come discografica.
È orgogliosa? «Molto! Anche perché sono stata io, sempre io la belva, a spingerla, a fondare questa etichetta. Lei era molto titubante, ma in fondo le ho ricordato che porta avanti la tradizione di famiglia. Suononno era il mitico Ansoldi, della Rifi, produttore di Mina, Fausto Leali, i Giganti. E di me! Poi, nel 1967, mi sono innamorata di suo figlio Antonio e l’ho sposato. E ora Michela produce pure la canzone che mia nipotina ha inciso…».
Ah, canta pure Virginia? «In realtà vuole fare la criminologa. Ma se volesse continuare ha una voce molto particolare e un qualità straordinaria che io non ho, una musicalità assurda. Sente una melodia, si mette al pianoforte e ne riproduce le note al volo. Per lei è un divertimento per me era uno stato di necessità. Avevo un dono, la voce, il mio passaporto che mi ha aperto tante porte».
E il nipote maschio, Luca? «Lui vuole fare l’architetto ed è all’università. Sono molto seri questi ragazzi, si sono comportati benissimo con il lockdown; lei più incazzata di lui. Ma tutto sommato il loro futuro lo vedono roseo. Certo sono preoccupati e hanno ragione, pesa la mancanza di libertà, il non potersi incontrare, stare insieme, ballare.
Ma io sono un’ottimista, voglio esserlo, non può vincere una merda di virus del cacchio. Il mondo è pieno di cose belle: io quando sono giù esco in giardino e abbraccio uno dei miei alberi, ci parlo e loro crescono divinamente. Mia figlia mi viene a cercare: “Che facevi?”. E io: “Meditavo”. E così metto insieme anche i ricordi».
I Festival che conserva nella bacheca dei ricordi? «Quelli delle tre vittorie, anche se una l’ho vissuta malissimo, quella del 1967, l’anno della morte del povero Luigi Tenco. Una cosa mostruosa, mi sembrava impossibile andare avanti con un cadavere.
Ricordo ancora meglio il primo: nel 1965: arrivavo pompatissima dalla stampa che apprezzava la mia voce: “Scusa, vieni dal jazz?” mi chiedevano. E io, che non capivo nulla: “Veramente, io vengo da Ligonchio”. Ma avevo un problema: non reggevo l’emozione, sul palco belavo, non mi usciva la voce. Insomma, fui sbattuta fuori. Il discografico sussurrò a mia sorella: la devi vegliare, non vorrei facesse qualche sciocchezza”. Mi davano per finita. Ma io sono una Capricorno, noi lottiamo, andiamo giù, giù, giù, ma poi ritorniamo su, su, su. Siamo sempre in altalena. Risorgiamo dalle ceneri… e io non mi arresi a quel problema della timidezza».
Difficile oggi pensarla timida. «Ne sono passati di Sanremo. Il più bello quello del 1969, in cui con Bobby Solo cantai Zingara: come salimmo sul palco e partì la prima nota, dissi a Bobby. “Qui vinciamo facile, non vedi che anche gli avversari ci applaudono?”».
L’anno scorso era il Festival in pieno Covid. Quest’anno ancora non possiamo tirare il fiato. Lei al virus ha pagato un prezzo altissimo… «È stato un anno orribile, altroché! Passo dall’allegria più sfrenata alla disperazione. È stato mostruoso: eravamo tre fratelli che vivevano insieme.
Prima siamo finite in ospedale, a Vimercate, io e mia sorella, che ha due anni più di me. Dicevo a mio fratello Antonio, che era cardiopatico, di starci lontano, di tornare a casa, in montagna, ma lui niente: “Tengo la mascherina, sto attento”. Io mi sono fatta la mia polmonite interstiziale, ho avuto il mio ossigeno e sono tornata in piedi. Mio fratello è entrato in ospedale e dopo tre giorni ci hanno detto che era grave. Era da tutta la vita che lottava con questa malformazione al cuore.
A mia figlia lo aveva detto: “Io non torno più”. Questo virus maledetto non ce lo ha fatto nemmeno abbracciare un’ultima volta, vestire per l’ultimo viaggio, salutare. Sono tutte cose che facciamo da millenni per salutare i nostri cari, che servono per lasciarli andare. Ecco, io da quel lutto non esco. Me lo rivedo solo, non so se gli hanno lasciato giusto il pigiama o un plaid che gli avevo dato. Manco la cassa ci hanno fatto vedere. Mi sento come se lo avessi abbandonato».
Però poi tira fuori la sua energia… «Certo, è il nostro mestiere, far sorridere, raccontare barzellette sconce, ma poi la sera, in qualche angolino da sola, rivivo tutta la mia angoscia».
Al suo fianco Fausto Pinna, ormai da quanti anni…
«Faustoooo, quanti sono? Ogni volta li cambia. Dal 1984, fai il conto… Certo a volte la voglia di tirarci i piatti c’è. Però, di fondo, ci siamo sempre divertiti. Lui dice che io lo tengo allegro. E lui a me, anche quando mi sento, diciamolo, un cesso, mi dice che sono bella: “Hai delle gambe che le 20enni si sognano!”».
Innamorato? «E anche geloso, il che tiene viva la passione. Anche se su quella fiamma lì, ora ci devi soffiare e soffiare per riaccendere le braci… Invece ci sono momenti in cui lo strozzerei. È un gran rompi… Perché tu non lo sai forse che la cucina sarda è la migliore al mondo, che i sardi hanno inventato tutto, dalla penicillina al telefono tra poco, che lui fa il bagno solo nel mare di Sardegna, che io non capisco nulla perché sono una montanara.
“Ma lo sai che già sopra i 600 metri siamo tutti montanari”, gli dico! Ma se vado via da sola mi manca». In 38 anni un segreto per risvegliarsi insieme ogni mattina? «La tenerezza, il bacino della buona notte che non manca mai. Io mi addormento solo dopo che lui si è addormentato e sento che cambia il ritmo del respiro». Eurodeputata dal 2009 al 2014: una donna al Quirinale?
«Io! Lo avevo detto: o vado a Sanremo o al Quirinale. Mi hanno preso al Festival, capitolo chiuso. Peccato: Fausto sarebbe un cerimoniere perfetto. Metterebbe d’accordo Putin e Biden con cene di malloreddus e maialetto sardo».
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