Ci sono tanti tesori nascosti nel caveau della Banca d’Italia. Ma uno in particolare è al centro di una disputa legale che si preannuncia senza esclusione di colpi. La battaglia vede contrapposti gli e-redi dei Savoia da una parte e lo Stato italiano dall’altra.
Oggetto del contendere: un cofanetto di pelle che contiene 6.732 brillanti, duemila perle di varie dimensioni, un raro diamante rosa montato su una grande spilla, i lunghi collier e il diadema della regina Margherita. Si tratta dei gioielli della corona sabauda.
Una storia antica, ma tornata in auge perché gli eredi della monarchia, assistiti dai legali, chiedono di ottenere i gioielli che Umberto li, prima di lasciare l’Italia – cioè pochi giorni dopo che si era svolto lo storico referendum con cui il nostro Paese aveva scelto che la forma istituzionale dello Stato sarebbe stata la repubblica e non più la monarchia -, aveva fatto consegnare all’allora governatore della Banca d’Italia, Luigi Einaudi. Quei tesori sono rimasti nel caveau dal 1946 e, secondo alcuni, valgono fino a 300 milioni di euro. Una cifra da capogiro che di certo può giustificare un’aspra e lunga battaglia legale.
Da quando, nel 2002, una legge costituzionale ha cancellato le disposizioni che vietavano ai Savoia maschi l’ingresso sul suolo del nostro Paese, gli eredi dell’ultimo re d’Italia hanno cominciato a pensare a come riacciuffare quella fortuna. Ora casa Savoia è stanca di aspettare e si prepara alla citazione civile dello Stato. L’ultimo tentativo di evitare il tribunale, cioè l’incontro di mediazione tra Emanuele Filiberto di Savoia – per la casa piemontese – e i legali di Banca d’Italia, gli avvocati Marco Di Pietropaolo e Olina Capolino, è fallito. Ma quanto valgono davvero questi gioielli contesi? Mistero.
L’ultima stima è stata effettuata nel 1976. Girava voce che fossero stati trafugati, così la procura di Roma decise di rompere i sigilli del tesoro dei Savoia e di farlo stimare dagli esperti gioiellieri di Bulgari, che valutarono i preziosi attorno a 10 milioni di euro attuali. «11 valore, nel 1946, si aggirava intorno ai 900 milioni di lire, pari a circa 30 milioni di euro di oggi», chiarisce Luciano Regolo, giornalista e autore di molti libri dedicati ai Savoia.
«Nel 1976 sul nuovo inventario risultano addirittura alcune gemme in più rispetto a quanto catalogato in passato». Ma non c’è solo il giallo delle cifre in ballo. È legittimo chiedersi: in che stato si trovano, dopo decenni, questi gioielli?
L’esperta di reali turbare Ronchi della Rocca punta l’attenzione sulle perle presenti nel cofanetto: «Occorre fare attenzione, perché si tratta di elementi “vivi”», spiega. «Devono stare a contatto con l’aria e col calore del corpo. Le nostre nonne le indossavano quando andavano a dormire. Se non sono state conservate a dovere, c’è il rischio di aver rovinato un vero tesoro», conclude l’esperta.
Quindi, per i Savoia, anche se le cose dovessero mettersi bene, c’è il rischio di ritrovarsi con un tesoro a metà. Quante chance ha Vittorio Emanuele? Secondo Regolo, «la pretesa va contro la memoria della famiglia. I gioielli vennero consegnati spontaneamente da re Umberto li, non requisiti».
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