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Contando anche l’ottavo di finale in Coppa Italia la sera del 12 gennaio a San Siro contro il Milan capolista, avversario in campionato tre giorni prima e sempre in casa sua, in questo primo mese del nuovo anno il Toro dovrà giocare una partita ogni 3,85 giorni: che in assoluto non vuol dire niente, perché è una media, ma rende l’idea. Fin troppo bene. Fra domani pomeriggio (a Parma) e il 29, quando il match interno con la Fiorentina in notturna segnerà l’inizio del girone di ritorno granata, 7 sfide 7.

Roba da far tremare i polsi, perfino al di là dell’ultimo posto in umiliante solitudine. La resistenza psicofisica dimostrata fin qui dai giocatori di Giampaolo alla frequenza degli impegni, e prima ancora nei 90 minuti più recupero di ogni singolo confronto, renderebbe infatti tale scenario inquietante senza nemmeno abbinarlo alla spaventevole posizione di classifica. Che oggi e con ogni probabilità ancora per un bel po’ significa retrocessione. Cioè quella Serie B che tanti tifosi sfiniti addirittura si augurano, nella speranza che possa determinare una svolta societaria, o che comunque baratterebbero in cambio della certezza di trovare un altro proprietario dopo 15 anni di Cairo.

Ma siccome tale garanzia nessuno è in grado di darla – e che comunque il disfattismo, il catastrofismo, il tanto peggio tanto meglio non hanno mai dimostrato di essere alternative produttive e convenienti, né manco confortanti – il masochistico ancorché umanamente comprensibile auspicio continua a non avere senso. Anche perché – con Cairo di sicuro, ma nel caso pure con qualcun altro al suo posto – sarebbe poi tutta da verificare la prospettiva di una pronta risalita.

Detto male: il Toro in B rischierebbe di rimanerci per anni, e poi vai a sapere, con i tempi che corrono.  No: questo organico in mano a questo allenatore oggi come oggi non autorizza particolari sogni di rimonta, anzi genera piuttosto nella tifoseria sinistri presagi di ulteriore sprofondamento; ma proprio il fuoco di fila di partite in gennaio, e l’inizio ufficiale del mercato cosiddetto di riparazione dopodomani, legittimano la speranza che si possa ancora rimediare, mettendo almeno qualche rattoppo propedeutico alla salvezza. Doppia sfida col Milan a parte, e detto di Parma e Fiorentina all’inizio e alla fine di questo ciclo, in mezzo si dovranno affrontare anche Verona, Spezia e Benevento.

Contro queste squadre, mai un risultato diverso dalla vittoria potrà essere più camuffato con valori tarocchi alternativi ai punti in palio. E sia chiaro: malgrado per convenienza si faccia in fretta da queste parti a ridimensionare gli obiettivi – passando dalle aspirazioni europee alla corsa su rivali come Crotone e Spezia, Genoa e Parma – mai e poi mai l’eventuale permanenza in Serie A potrà essere spacciata per impresa in sede di consuntivo.

Un Toro non messo in condizione di lottare nelle posizioni a ridosso delle big sarà sempre e comunque un affronto alla sua storia e uno schiaffo alla passione del popolo granata. Ma adesso bisogna salvare la pelle. Per cui i rinforzi – di alto profilo e in fretta – e gli scontri teoricamente diretti in rapida successione diventano un treno su cui salire e si trasformano da opportunità in dovere. E rinforzi non purchessia. Spesso questa argomentazione al Torino è stata usata come alibi per giustificare sessioni mercatare deficitarie; per la serie, non ha senso comprare per comprare. Certo che no, ma non nell’accezione furbetta di scusante.

Non ha senso comprare per comprare, è vero. Bisogna comprare, o in qualsiasi modo alternativo prendere, giocatori che abbiano un valore tecnico in grado di alzare la qualità della squadra – non ci vuole poi molto, ahinoi – e attitudini tattiche tali da ovviare le mostruose carenze nella costruzione del gioco, nell’inventiva sulla trequarti, nella finalizzazione in attacco di un gioco che a volte non è stato neppure così male.

Non ci si può aggrappare in eterno a Belotti, nemmeno come scudo di mercato a fronte della sua mancata cessione. Specie adesso che si avvicina all’ultima stagione di contratto senza segnali concreti di rinnovo.


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