Gabriel Garko non ci sta, basta bugie

E’ stanco, ma Gabriel Garko non lo darà mai a vedere durante tutta l’intervista. Me lo dirà solo alla fine della lunga chiacchierata, quando i freni inibitori saranno completamente abbassati. «Sono giorni che lavoro incessantemente, che mio papà non sta molto bene e che il mio nome riempie le pagine dei giornali. Ciononostante sono sereno, ma non le nascondo che non è facile sopportare questa gogna mediatica». La gogna alla quale l’attore fa riferimento riguarda sia l’Ares-Gate, lo scandalo sulla presunta setta che mota attorno al produttore Alberto Tarullo e al suicidio di Teodosio Losito (ex di Tarullo), che un’intercettazione con Ana Bettz, al secolo Anna Bettozzi, arrestata con l’accusa di aver riciclato denaro, attraverso sue società, per conto della famiglia di camorra dei Casalesi, e di frodi fiscali.

Domanda. Partiamo dall’Ares-Gate. Un mese fa è stato sentito dalla Procura di Roma come persona informata sui fatti. Non è indagato. Risposta. «Ho detto a chi di dovere tutta la verità. Non ho altro da aggiungere e spero che presto, nel bene o nel male, si faccia luce su questa brutta vicenda. È assurdo che la vita mi riporti, in continuazione, al passato quando io ho solamente voglia di guardare avanti».

D. Guardarsi indietro le fa male? R. «Non particolarmente, perché ho la fortuna di riuscire a farlo con una certa lucidità. Con loro ho girato le fiction di maggiore successo e ho avuto, senza alcun dubbio, le mie gratificazioni. Allo stesso tempo non posso negare che mantenere quello stile di vita, dove veniva meno la mia libertà, non sia stato facile, tanto che spesso mi domando come diavolo abbia fatto a sopportare certe pressioni per così tanto tempo».

D. E che risposta si è dato? R. «Non me ne capacito, ma una cosa l’ho imparata: la libertà non è barattatile con nulla. In questi giorni stanno scrivendo una marea di stronzate. Si è parlato di contratti milionari per mantenere il silenzio o per fingere chissà che cosa. Niente di più falso»

D. Tarallo ha definito questo affaire come: «La vendetta miserabile di attorucoli senza né arte, né parte, che dopo di noi non hanno mai più lavorato». R. «Non mi sento toccato, anche perché fi ho lasciati molto prima che la barca affondasse».

D. È in concomitanza delle sue dimissioni che ha ricevuto la lettera di Losito, pubblicata poi da Tarallo sulle pagine del Corriere della Sera ? R. «Non era una lettera, ma una mail che Teodosio mi inviò dalla sua posta personale. Non ho capito il motivo di tirarla fuori, visto che si trattava di un messaggio privato. L’ho trovato un colpo basso e irrispettoso».

D. “Ai provini ti schifavano e noi, per te, abbiamo messo a rischio il nostro lavoro. Alberto ti ha mascolinizzato. Hai messo le persone l’una contro l’altra, con i tuoi comportamenti da mignotta. Sei una persona arida”. Questo uno stralcio della mail pubblicata.. R. «Chi mi conosce, sa. Mai stato fautore della “mignottocrazia” e mai nessuno ha mascolinizzato nessuno. Come se poi ci fosse qualcosa di sbagliato nell’essere più o meno effeminati. Che mestizia».

D. Tarallo ha anche detto: «Garko avrebbe voluto rendere pubblico il suo orientamento, ma i fan delle fiction non glielo avrebbero mai perdonato». R. «Cazzate! Mai pensato una cosa del genere. Da sempre non amo parlare del mio privato, figuriamoci ai tempi, quando mi era stata inculcata la storia che il pubblico non avrebbe mai dovuto conoscere la mia natura».
D. Ha mai risposto a quella mail?
R. agenzia per inseguire nuovi orizzonti professionali».
D. Lei ha avuto un incidente nel 2016: un’esplosione nella villa in cui soggiornava a Sanremo.
R. «Ho letto di strane associazioni. La fantasia, talvolta, supera la realtà. Credo si stia romanzando un po’ troppo».
D. Lei non cavalca l’onda. Altri, al suo posto, si sfregherebbero le mani.
R. «Ho sempre cercato di fare in modo che a parlare fosse solo il mio lavoro, visto che alcune storie imposte avevano già preso il sopravvento. Avrei potuto trasformare ogni episodio della mia vita in evento. Non l’ho mai fatto. Ed è per questo che rimango un po’ così quando leggo che qualcuno ha pensato che il mio coming out, al Grande fratello Vip, sia stato una trovata pubblicitaria per tornare in auge».
D. Massimo Giletti a Non è l’Arena ha inserito il suo coming out come avvenimento di un periodo non propriamente fortunato.
R. «Mi ha lasciato sgomento perché in un periodo come questo, dove si discute ogni  giorno del ddl Zan contro l’omotransfobia, le parole fanno la differenza. Il mio coming out ha solo migliorato la mia vita».
D. E proprio da Giletti si è parlato del caso Ana Bettz.
R. «Ne sto sentendo di ogni. Io e la signora ci siamo conosciuti per motivi professionali qualche anno fa. Avrei dovuto girare uno spot pubblicitario che, alla fine, non è mai stato realizzato perché il progetto non mi convinceva».
D. Lei ha parlato di amore incondizionato nei suoi confronti.
R. «Sciocchezze per finire sui giornali».
D. Non si era mai accorto, nel tempo, delle frequentazioni della signora?
R. «Non c’erano i presupposti per accorgersene e, se mai me ne fossi accorto, avrei interrotto ancor prima qualsiasi contatto».
D. E uscita un’intercettazione che la vede coinvolta. Si parla di soldi in nero.
R. «Se durante una conversazione intercettata le dicessi “Quando ti vedo ti ammazzo”, chi ascolta la conversazione dovrebbe andare davvero a cercare un cadavere? Suvvia: al telefono si può dire tutto e, a ogni modo, non ricordo quella telefonata».
D. Cosa ha pensato quando ha letto il suo nome vicino al caso Petrol-Mafia?
R. «Che, se non mi avessero tirato in ballo, il tutto si sarebbe sgonfiato in un nonnulla. Ovvio che siano grane e rotture, ma sono tranquillo. Mi rattrista però vedere alcuni giornalisti sostituirsi ai giudici. Non si scherza con la vita delle persone, ma oramai ci sto facendo il callo: negli anni mi hanno dato dell’attore di serie B, della “mignotta”, del rifatto, del gay per convenienza. È assodato che il mio personaggio venga sempre visto in un altro modo e me ne accorgo ogni qual volta incontro qualcuno. È oramai un classico la frase: “Ti facevo diverso”».
D. Il pubblico come ha reagito al suo coming out?
R. momento, mi apprezza ancora di più».
D. E gli addetti ai lavori?
R. «Sto vagliando diverse proposte e a breve inizieranno le riprese di un film dove reciterò assieme a Nicolas Cage, Eric Roberts e John Malkovich. I cliché che un attore omosessuale smetta di lavorare non hanno più motivo di esistere».
D. Che cosa si sente di consigliare a quei colleghi che non hanno il suo stesso coraggio? R. «Qui non si tratta di coraggio, ma di serenità. Nessuno deve sentirsi obbligato a farlo solo perché qualcuno, da fuori, lo pretende a gran voce. Siamo tutti contro la violenza e poi, chissà perché, siamo i primi a violentare l’interiorità di un individuo. Non dichiararsi non deve essere una colpa e fare coming out deve venirti da dentro. Io, nonostante non avessi mai parlato della mia sessualità, l’ho sempre vissuta serenamente in famiglia da quando avevo 17 anni».
D. Oggi ilsuo cuore batte per qualcuno?
R. «Sono single: da quando mi sono dichiarato faccio molta più fatica ad acchiappare (ride)».


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