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Si è pentito presto. Il Qatar non era il suo posto e non era la sua vita. Perché Mario Mandzukic è unguerriero del calcio. Uno che quando era al Wolfsburg si è fatto fare più di una iniezione antidolorifica per giocare con un alluce fratturato e che ha tagliato la scarpa per giocare quando aveva problemi al tallone. Ha lasciato la nazionale croata dopo il Mondiale 2018 perché pensava di doversi concentrare soltanto sul club, ma quanto lo hanno rimpianto. Senza contare il resto. Mandzukic è un croato perfetto.

Lavoro, orgoglio, un temperamento esuberante, ma fino a un certo punto. Di fronte a Ibra, anche Mario si ferma. Perché lo considera un idolo, in campo e fuori. Cinque anni scarsi dividono i due sulla carta di identità, perciò non si può parlare di generazioni diverse a confronto. Si può parlare di rispetto assoluto, di Man-dzukic per Zlatan, ma anche di Zlatan per Mandzukic. Ibra è un campione e una star di livello mondiale, Mandzu è definito da chi lo conosce bene co- me un Ibra in sedicesimo. Uno che a livello mediatico non incide altrettanto, ma ha un grande valore. Uno che al grande capo dello spogliatoio piace, perché è un vincente come lui. Che non si arrende. Che combatte fino all’ultimo pallone. E che può aiutare il Milan a lottare fino all’ultima giornata.

Problemi tecnici, non se ne vedono. Mandzukic è abituato a ricoprire più ruoli in attacco e nella Juventus di Allegri si è sfiancato a fare anche il terzino. Se l’ambiente gli piace, se l’allenatore gli dà fiducia, lui va. Da un punto di vista tattico non farebbe nessuna fatica a convivere con Zlatan, ma può anche essere adatto a sostituire uno qualsiasi degli altri attaccanti. Nella nazionale croata si è adattato spesso e nella Juve di Allegri pure. Arriva come alternativa multipla, convinto di poter diventare fondamentale in più posizioni. Carisma, fisico, esperienza nel calcio italiano, rabbia per averlo lasciato in un modo un po’ così. L’addio alla Juve è stato traumatico, la voglia di rivincita tanta. Nel luglio scorso Mario a risolto il suo contratto con l’Al-Duhail, il club di Doha che lo aveva ingaggiato da pochi mesi. Mandzukic non è un inquieto. Semplicemente si è reso conto che quello non era il suo posto. «Apprezzo la fiducia e l’ospitalità che ho avuto. Auguro il meglio a tutti». Di più, al passo di addio, non poteva dire.

Mario voleva tornare in Italia. I suoi amici croati dicono che avrebbe rifiutato anche contratti più ricchi dall’Inghilterra, per non parlare di Stati Uniti e altre possibilità. Tornare in Serie A, la sua missione dopo l’addio doloroso alla Juve del post-Allegri. Mandzukic, uno dei fedelissimi del tecnico livornese, è rimasto travolto dalla rivoluzione sarriana. Cerca riscatto, soprattutto spazio, obiettivi. E il Milan resta una squadra affascinante per un croato della sua età e non solo,

Oggi Mario dovrà misurarsi con i test del Milan. Non gioca in un campionato europeo dall’inverno 2019. Il 24 dicembre, si accorda con l’Al-Duhail e fa le valigie per il Qatar, lasciato appunto l’estate scorsa. Ultima partita giocata: 7 marzo 2020. Ma gli amici non hanno dubbi: non avrà alcun problema a raggiungere lo stato di forma richiesta dal campionato italiano. Perché se tu puoi correre dieci chilometri, lui può correrne venti: Mandzukic e Bro-zovic erano nella top ten dei nazionali croati per resistenza e qualità fisiche. A questo bisogna aggiungere la voglia di rivalsa e la grande ammirazione per il fenomeno Ibra, che al riservato Mario va a genio anche per il suo modo di essere fuori dal campo. Stare in panchina per Ibra non sarebbe un problema. Ma quanto ci resterà?

Il Covid non è passato Ivia senza toccare Mi-lanello. Certo, nessun giocatore ha avuto grossi problemi, ma la lista dei contagiati è lunga e la cosiddetta immunità di gregge, evidentemente, ancora lontana. Un comunicato nella mattinata di ieri ha reso ufficiale quello che si sospettava da un paio di giorni, per via di indiscrezioni e spifferi che non trovavano una chiara conferma scientifica. Hakan Calhanoglu e Theo Hernandez, che fra l’altro si era allenato nel pomeriggio di sabato, sono risultati dopo vari tamponi di controllo positivi al Coronavi-rus. Restano a casa, mentre il resto della squadra soltanto oggi volerà a Cagliari dopo i risultati di un ultimo giro di tamponi. Fra infortuni e giocatori colpiti dal virus, il Milan sbarca in Sardegna con parecchie assenze importanti. Calha e Theo, a meno di un miracolo, non potranno essere disponibili non solo per la partita di sabato con l’Atalanta, ma neppure per il derby di Coppa Italia il 26 o il 27. Nel frattempo potrebbero tornare nel gruppo Krunic e Rebic, che erano stati bloccati dal virus nel giorno dell’Epifania. Una piccola consolazione per una squadra che è stata colpita a ondate dal Covid, e le ondate si sono fatte sempre più forti con il passare dei mesi.

Pioli è preoccupato, ma tiene la testa alta. Il Milan è primo in classifica, ha delle statistiche eccellenti, ha perso solo due partite, una in Europa League (senza danni, visto che è rimasto primo nel girone) e una in campionato. Ma Pioli non ha potuto quasi mai schierare la stessa formazione. Se l’è cavata con esperienza a fantasia, ma alla fine lo sforzo paga. E a Cagliari l’assenza di due giocatori chiave come Calhanoglu e Theo si farà sentire. Unica consolazione, non da poco, il rientro a tempo pieno di Ibrahimovic, che dopo il lungo infortunio ha concluso il suo rodaggio ed è pronto a tornare in pista da protagonista. Basterà contro il Cagliari, che cerca punti in una serie nera? Difficile dirlo. Soprattutto, è il futuro a preoccupare, anche se il mercato sta arrivando in soccorso del tecnico con trattative accelerate e fondamentali per mantenere adeguata una rosa impegnata in tre tornei. Qualche mese fa nessuno forse si sarebbe aspettato una simile campagna di rafforzamento. Buoni risultati e armonia dell’ambiente hanno convinto probabilmente Elliott a investire ancora di più.

Tutto questo però conduce a una parola: ambizione. Che il Milan ha riscoperto in anticipo sui piani fissati. «Le assenze di Calha e Theo sono importanti, ma la stagione va così. Dobbiamo affrontare il Cagliari coma la gara più importante della stagione. Ho assoluta convinzione nella forza di questa squadra, stiamo giocando con testa e cuore, caratteristiche che a me piacciono molto. Ora che siamo saliti su questo treno, vogliamo restarci per bene sopra», ha detto Pioli. I tifosi hanno il morale a terra con tutti questi infortuni e i giocatori positivi. La lista si allunga, ma il tecnico del Milan resta misurato. «In queste situazioni abbiamo sempre trovato nuove energie e nuove occasioni per dimostrare il nostro valore». Torna Ibrahimovic in una squadra ferita e privata di molti cambi. Contro il Cagliari la vita non sarà facile. E appellarsi al Covid sarebbe la scelta peggiore. Meglio pensare al titolo d’inverno non facile da ottenere. «In ogni caso, non è il traguardo che ci interessa». Ce ne sono altri. A ranghi completi, si vedrà.

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Con la positività di Hakan Calhanoglu e Theo Hernandez, il Milan è diventato la terza squadra più colpita in tutta la Serie A da casi di Covid-19. Seconda con Stefano Pioli, il suo vice Murelli e anche Daniele Bonera. Sono dodici i giocatori rossoneri risultati positivi dall’inizio dell’emergenza sanitaria. Più di tutti ne ha avuti il Genoa con 18 casi totali con un vero e proprio focolaio nello spogliatoio rossoblù. Poi Roma e Cagliari con 13, il Milan con i suoi dodici positivi e l’Inter di Antonio Conte(10).

Dietro la Juventus con ‘solo’ sette casi, come il Napoli. Il primo caso di positività al coronavirus del Milan risale a inizio dello scorso lockdown con Daniel Maldini chiuso in casa in quarantena insieme a tutta la sua famiglia. Il giovane attaccante è risultato positivo al tampone a marzo con suo padre, Paolo. Nessuna partita saltata: il campionato era fermo, sospeso come in tutto il resto d’Europa. Con la ripresa e la conclusione ad agosto dello scorso campionato di Serie A, il Milan non ha registrato più nessun nuovo caso di positività riuscendo a concludere il suo campionato senza nessuna assenza.

Ma il Covid-19 è tornato e dopo l’estate è arrivata una nuova ondata anche nel calcio. A settembre è toccato Rafael Leao: il portoghese ha comunicato la propria positività solo via social, ammettendo ad amici il reale motivo della sua assenza nella fase iniziale della nuova stagione. Tre le gare saltate, una sola in campionato. A settembre da segnalare anche la positività di Leo Duarte, poi quella di Zlatan Ibrahimovic.

L’attaccante svedese è stato costretto a saltare quattro gare, nell’ordine: Bodo/Glimt, Crotone, Rio Ave e Spezia. Uno dei tanti stop di questa stagione di Zlatan. Il coronavirus non ha abbandonato il Milan nemmeno a ottobre colpendo alla vigilia della sfida con la Roma sia Gigio Donnarumma che Hauge. Entrambi sono rimasti a guardare la partita a casa. Per tutte e due, per fortuna, una quarantena lampo con immediata negativizzazione e il ritorno in campo già dalla gara successiva. Niente Inter, Roma e Udinese nemmeno per Matteo Gabbia (fuori anche nelle prime due di Europa League nella fase a gironi con Celtic e Sparta Praga).

Positività riscontrata per lui in ritiro con l’Under 21. Un focolaio che ha colpito anche altri azzurri. Nel mese di ottobre il Milan ha avuto rinunciare anche al suo allenatore risultato positivo insieme al suo vice Murelli. In panchina contro Napoli, Lilla e Fiorentina, ci va Daniele Bonera, che risulta a sua volta positivo. Nessun caso a novembre e nemmeno a dicembre fino a oggi. Anno nuovo, casi nuovi. Ben quattro con le positività ravvicinate di Krunic e Rebic (ancora in quarantena e fermi dalla gara del 6 gennaio con la Juventus) e, ora, quelle pesantissime di Hakan Calhanoglu e Theo Hernandez che costringono il tecnico rossonero a dover rinunciare a tre titolari a ridosso delle sfide con Cagliari e Atalanta e con un derby con l’Inter in Coppa Italia che non si può assolutamente perdere. Fra i tanti giocatori rossoneri colpiti non bisogna nemmeno dimenticarsi di Sandro Tonali (positività emersa da un comunicato della Figc dello scorso ottobre nei giorni del focolaio dell’unser 21). Il suo arrivo arrivo al Milan è stato ritardato di qualche settimana proprio per colpa del Covid-19.

Mario Mandzukic torna in Serie A e lo farà con la maglia (forse la numero 9) del Milan. L’attaccante croato è sbarcato ieri sera agli scali privati di Linate Prime e ha preso possesso della sua stanza presso l’hotel Sheraton, dove ha passato la sua prima notte da giocatore rossonero. Nella giornata odierna ci sarà l’espletamento dell’iter canonico delle visite mediche e poi la firma a Casa Milan sul contratto di sei mesi, da 1 milione e 800 mila euro con opzione di rinnovo automatica qualora i rossoneri dovessero centrare la qualificazione alla Champions League.

Un’operazione nata nei primi giorni di dicembre, quando iniziarono i primi contatti tra il ds Ricky Massara e l’entourage del calciatore. Poi le videochiamate tra Mandzukic e Paolo Maldini hanno confermato il reciproco gradimento delle parti, che in realtà era già noto visto che il Milan aveva sondato l’ex Juventus a fine novembre 2019, ovvero quando non aveva ancora ricevuto un’apertura piena da Zlatan Ibrahimovic al suo ritorno in maglia milanista. Adesso i due, da possibili profili alternativi, si troveranno insieme a Milanello per dare l’assalto non solo alla qualificazione in Champions League, ma probabilmente anche a quello scudetto che, va detto e sottolineato, nessuno nomina esplicitamente durante la quotidianità della squadra. Ma nella stanza dei bottoni, con Gazidis, Maldini e Massara che manovrano il tutto, sono convinti che questo acquisto potrà essere di grande impatto per il prosieguo della stagione, che dovrà riportare il Milan a incamerare i denari della Champions. Se con la coccarda tricolore sul petto o meno lo dirà il campo, ma il ritorno nella massima competizione europea è vitale per andare allo step successivo.

Mandzukic, durante il periodo di inattività, ha continuato ad allenarsi a Zagabria e da quello che arriva dalla Croazia, pare proprio che sia tirato a lucido sotto tutti i parametri fisici, pronto per entrare nel sistema di gioco di Stefano Pioli, quel 4-2-3-1 nel quale – ai tempi della Juventus – Mandzukic ha fatto sia il centravanti sia l’esterno di sinistra, sposando in pieno l’idea di Massimiliano Allegri. Il croato, ai tempi del Bayern Monaco, aveva ammesso che Zlatan Ibrahimovic era uno dei giocatori ai quali si ispirava e lo svedese avrebbe accolto con soddisfazione la felice riuscita di questo acquisto. Ora tutti lo aspettano a Milanello per i primi allenamenti e, con ogni probabilità, la prima convocazione per sabato prossimo quando il Milan giocherà in casa, alle 18, contro l’Atalanta a San Siro.

Il mercato rossonero, però, non si ferma a Mandzukic. Entro domani, la dirigenza milanista conta di chiudere il prestito con diritto di riscatto fissato a 28 milioni di Fikayo Tomori dal Chelsea. Sarà lui, dunque, il rinforzo difensivo che Pioli stava aspettando dopo che erano tramontate le piste Simakan e Kabak. In uscita, invece, c’è da segnalare la stretta finale per il passaggio di Andrea Conti al Parma. Il giocatore, che dovrebbe partire oggi per Cagliari con la squadra ma non è detto che ciò avvenga, non ha trovato spazio in questa stagione e dopo aver atteso la Fiorentina, è pronto a dire di sì alla squadra allenata da Roberto D’Aversa. La formula del trasferimento è quella del prestito oneroso con obbligo riscatto (legato alla salvezza del Parma) per un totale di 7 milioni, ovvero la cifra necessaria al Milan per non iscrivere una minusvalenza a bilancio. Infine, dalla Francia, emerge l’ultimatum del presidente dell’Olympique Marsiglia ai giocatori in scadenza di contratto, tra i quali quel Florien Thauvin che era stato proposto ai rossoneri in estate. Thauvin ha 24 ore per prendere una decisione da comunicare all’OM.

Il ritorno di Zlatan Ibrahimovic da titolare in campionato, proprio nello stadio in cui un anno fa ha segnato il suo primo gol della sua nuova esperienza italiana. La nuova positività di Theo Hernandez e di Hakan Calhanoglu, che priva il Milan di altre due pedine fondamentali trasformando i rossoneri nella squadra più decimata in serie A.

Pioli non può che affriontare subito il problema delle nuove assenze: «Sono giocatori importanti che non potranno scendere in campo, ma questa è una stagione nella quale certe problematiche sono frequenti, le criticità possono arrivare da un momento all’altro, per questo dobbiamo avere una squadra pronta. Siamo stati bravi nel raddoppiare sempre le energie, le qualità che avremo a Cagliari saranno importanti e ci faranno una grande gara.

Ci stiamo abituando al Covid, siamo pronti. Pretendo dai giocatori di essere sempre pronti, di essere sempre dentro allenamenti e partite. Sono criticità che vanno affrontate con determinazione e convinzione nella forza della squadra. In queste situazioni abbiamo sempre trovato nuove energie e nuove occasioni per dimostrare il nostro valore». Meno male che, nella legge del contrappasso, alle nuove assenze si possa rispondere con il rientro a pieno titolo di Ibrahimovic. «E’ importantissimo, tutti noi conosciamo il suo spessore tecnico e caratteriale. Ha superato i fastidi muscolari, l’ho visto bene questi giorni, è molto pronto per giocare.

La squadra ha dimostrato di avere delle idee di gioco ben assimilati. Le squadre forti riescono a sfruttare le caratteristiche dei singoli, dobbiamo giocare bene come squadra. Dire che giochiamo meglio senza Ibra è una cosa che non sta né in cielo né in terra. Le partite hai più facilità di vincerle se porti avanti un’idea per tutta la gara». Ancora un pensiero su chi arriverà prestissimo a rafforzare la rosa: «Meité rende ancora più competitivo un reparto che già aveva una certa solidità. Abbina qualità e quantità, mi è piaciuto molto, l’ho visto molto voglioso. Mi è piaciuto anche quando ha parlato, dimostrandosi un giocatore ambizioso». Su Mandzukic, invece, visto che manca ancora la firma, preferisce sorvolare: «Noi abbiamo una partita molto importante domani, non posso commentare i giocatori che non ho a disposizione. Ho molta fiducia nei miei dirigenti, la società rinforzerà la squadra se ci sarà la possibilità».

Non sarà un confronto che sancirà eventuali decisioni traumatiche in merito alla conferma o meno della guida tecnica. Certo, se la squadra proseguirà nel trend negativo anche contro il Milan, potrebbe fornire ulteriore prova d’accusa che verrebbe messa agli atti, per poi procrastinare eventuali provvedimenti dopo la gara a Genova contro il Grifone dell’ex-Ballardini domenica prossima. La classifica si sta facendo sempre più complicata e l’ultimo posto è solo 2 punti sotto.

Adesso attenzione rivolta verso i rossoneri che arrivano alla “Sardegna Arena” con robuste credenziali da capo-classifica. Di Francesco ha avuto poco tempo per preparare la partita dopo la gara di giovedì in Coppa a Bergamo, ma la scelta del sistema di gioco da adottare col Milan pare proprio orientarsi su un 4-3-3 comunque adattato, che potrebbe trasformarsi all’occorrenza in un albero di natale (4-3-2-1) con due trequartisti (Joao Pedro e Sottil) ad assistere l’unica punta che dovrebbe essere ancora una volta Simeone. E tutto ciò al netto dell’assenza per squalifica di Nandez, pedina (quasi) insostituibile. Ha firmato Duncan, arrivato grazie all’impegno e all’abnegazione del ds Pierluigi Carta, che è stato decisivo all’atto della decisione del ghanese. «Direi che sono felice di averlo di nuovo con me.-ha detto Di Francesco-Può essere utile sia nel 4-3-3 che nel 4-2-3-1, due moduli che comunque, per come la vedo io, non sono sostanzialmente differenti». Previsto un “turbillon” di avvicendamenti in corso d’opera. «A prescindere da tutto abbiamo preparato bene la partita. Il Milan potrebbe avere dei problemi in organico come del resto li abbiamo avuti noi per un periodo. Importante sarà approcciare bene la gara. Del resto a Firenze non abbiamo demeritato considerato anche che la Fiorentina aveva vinto per 3 a 0 in casa della Juventus e a Bergamo per mezz’ora siamo riusciti a tener botta».


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