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Un atto di fede, quello di immaginare lo stesso Toro di sette giorni fa dall’inizio. Nicola sa che col Genoa una vittoria può cambiare la stagione, allontanando svariate paure. I tre pareggi in rimonta contro Benevento, Fiorentina e Atalanta rappresentano un primo segnale di vita: c’è tanto da migliorare, ma ora c’è un cuore. Un gruppo che, anche con buone dosi di qualità, riesce a sistemare ciò che sembra irrimediabile: la prova di Bergamo è una dimostrazione di tenuta mentale notevole.

Ma al Grande Torino arriva una delle squadre più in forma del campionato. Nicola la conosce quasi alla perfezione: diversi i giocatori, oggi a disposizione di Ballardini, che l’anno scorso hanno raggiunto la salvezza accanto al tecnico di Luserna San Giovanni. Tornando alle scelte di formazione di casa granata, l’undici che dovrebbe partire dall’inizio è un attestato di stima per chi aveva iniziato, sempre dal primo minuto, contro l’Atalanta. L’idea del tecnico è quella di confermare l’intero blocco – al netto di eventuali defezioni dell’ultimo minuto – cercando di non alterare equilibri tattici faticosamente raggiunti in queste settimane.

E poi perché nel complesso le risposte ottenute al Gewiss Stadium sette giorni fa sono state confortanti, nonostante un avvio terribile. In porta c’è Sirigu: gli errori contro l’Atalanta sono un capitolo chiuso. L’unico dubbio concreto in difesa riguarda il ballottaggio Nkoulou-Lyanco: il primo va verso una riconferma, ma anche il brasiliano sta molto bene. In mezzo non si tocca nessuno: Rincon, Mandragora e Lukic stanno bene e garantiscono l’affidabilità che serve in un momento cruciale come questo. Con buona pace dei progressi di Baselli, pedina comunque importante a gara in corso, e pure di Linetty: 7,5 milioni in panchina, ma oggi i fatti del mercato estivo non contano più.

Sulle corsie le maglie saranno di Singo e Murru, sebbene quest’ultimo dovrà temere un sorpasso di Ansaldi, tenuto in seria considerazione da Nicola. Davanti, ancora dentro il tandem Zaza-Belotti, con Verdi e Bonazzoli in fresco per possibili assalti finali. Il Gallo, poi, ha una motivazione in più: la carica per l’imminente paternità. Una gioia che la moglie Giorgia Duro ieri su Instagram ha esternato con dolcezza: «Non ci resta che celebrare la vita, frutto dell’amore che non ha mai smesso di fiorire». Pensieri positivi in più per il capitano, chiamato ancora una volta a prendersi sulle proprie spalle il Toro.

I segnali di crescita intravisti una settimana fa a Bergamo e lo spirito di gruppo esaltato dall’arrivo di Nicola, la ritrovata vena realizzativa di Belotti e l’innesto di Mandragora a migliorare l’assetto del centrocampo. Ma, anche, una cabala decisamente favorevole. Ci si aggrappa a tutto nel momento del bisogno e, allora, il Torino si affida anche ai numeri in vista dell’impegno di questo pomeriggio. Quando al Grande Torino sarà di scena un vero e proprio talismano granata, ovvero quel Genoa uscito sconfitto in tutti gli ultimi sette incroci tra campionato e Coppa Italia. Una statistica singolare in senso assoluto e, ancor di più, in un periodo storico in cui i successi si contano sulle dita di una mano.

Eppure, dallo scialbo 0-0 del 30 dicembre 2017, il Torino ha infilato contro il Grifone una lunga striscia positiva tuttora aperta. Da mettere ora alla prova di una squadra rossoblù completamente ribaltata nel rendimento dall’approdo in panchina di Ballardini, tecnico che sta assicurando ai suoi un ritmo da Champions League più che da salvezza. E, se anche i numeri hanno un loro peso, Nicola in settimana avrà allora sviscerato ogni possibile dettaglio sulle palle inattive offensive in compagnia innanzitutto di Bremer. Il difensore brasiliano nello scorso campionato aveva trovato per tre volte la via del gol e, curiosamente, due di queste erano capitate proprio all’andata e al ritorno contro il Genoa. L’ex Atletico Mineiro, per altro, non ha certo perso il vizio, dato che sono tre anche i centri in questa stagione, compreso quello che ha dato concretezza alla rimonta in casa dell’Atalanta soltanto una settimana fa.

Un piacevole diversivo che il 23enne di Itapitanga non si era lasciato sfuggire di fronte al Genoa nemmeno lo scorso 16 luglio, nel 3-0 che aveva inaugurato prima che Lukic e Belotti completassero l’opera nella ripresa. Sembra passato un secolo e, in qualche modo, è proprio così. Perché, da allora, i granata non sono più riusciti a vincere tra le mura del Grande Torino in Serie A, collezionando 12 partite (7 pareggi e 5 sconfitte) senza poter alzare le braccia al cielo al triplice fischio finale. Un filotto senza paragoni nella storia del club, dato che il precedente record “all’incontrario” raccontava di otto gare consecutive senza successi: era capitato prima nel 1958/1959 (4 pareggi e 4 sconfitte) e poi nel 2002/2003 (3 pareggi e 5 sconfitte), e in entrambi i casi a fine anno fu retrocessione. Un verdetto da scongiurare ora in ogni modo. Persino affidandosi alla cabala.

Lo chiamano “miracle-worker”, in Inghilterra. Il flusso a tinte granata pubblicato dal Guardian su Davide Nicola rappresenta, a tutti gli effetti, la prima pietra di quello che si spera possa diventare un nuovo ciclo. Alla faccia di ogni discorso relativo alla salvezza e in barba pure ai ragionamenti sulla media-punti, che da qui a fine stagione condizioneranno il destino contrattuale del sostituto di Marco Giampaolo. La rimonta contro l’Atalanta ha fatto rumore, eccome. D’altronde, una cosa così pazza e ai confini della prevedibilità del calcio, è un evento che in casa granata non capitava da un’altra giornata diventata leggenda: il 14 ottobre 2001. Sotto 0-3 contro la Juventus a fine primo tempo, poi la risalita firmata Lucarelli-Ferrante-Maspero, pronunciati proprio a mo’ di filastrocca. Senza dimenticare la buca di Maspero, il rigore alle stelle di Salas e la goduria di un pomeriggio da Toro, quello vero. Quasi morto, ma saputosi rialzare giusto in tempo per vivere ancora.

In Inghilterra, dunque, è balzata all’occhio la partita contro l’Atalanta. E nel pezzo dedicato a Nicola, descritto come un vero e proprio ispiratore, la gara viene raccontata fedelmente. First reaction, shock: Ilicic, Gosens e Muriel fanno a brandelli la difesa del Toro. Tutti in bambola, fino alla reazione targata Belotti e Bremer. Poi la traversa di Singo, il palo di Miranchuk, un finale già scritto con la super Atalanta in controllo del match. Ma all’improvviso la zuccata di Bonazzoli, che fino a cinque giorni prima sarebbe potuto finire al Parma o al Crotone, dirette concorrenti per la salvezza. Miracolo compiuto: è 3-3. Il tabloid britannico riprende le parole di Nicola: «Lo 0-3 avrebbe potuto uccidere chiunque, ma non noi: abbiamo avuto la forza e la qualità per rimontare». Fra le chiavi decisive viene citato l’acquisto di Rolando Mandragora, la scelta suprema di Nicola per il centrocampo, lo spostamento di Rincon al ruolo di mezzala, l’ingresso di Verdi nella ripresa e un ordine tattico chiaro, garantito dal 3-5-2.

Ma il vero focus, che ha catturato l’attenzione del Guardian, è rivolto proprio al personaggio Nicola. Partendo dalla decisione di Cairo di metterlo sotto contratto, in una situazione di classifica a dir poco precaria: «Era un capitano senza fascia, uno che sapeva trascinare l’intero gruppo». Così il presidente, soffermandosi sul Nicola giocatore del suo primo Toro, quello del trionfo ai playoff di Serie B col Mantova del 2006. Poi, il giro d’Italia in bici del tecnico di Luserna San Giovanni dopo la magnifica salvezza col Crotone, ottenuta nel 2017. Un fioretto che aveva visto come penultima tappa il Filadelfia, gremito di persone pronte ad abbracciarlo, quando questi erano ancora dispensabili. Il Guardian sottolinea il fatto che, dal suo approdo al Toro, la squadra non abbia più perso: un bene, per un gruppo ormai tristemente abituato a non muovere la classifica. Non ha ancora vinto, sì, ma i tre punticini contro Benevento, Fiorentina e Atalanta significano molto. Tutti ottenuti in rimonta, mentre il Toro di Giampaolo era abituato a subirli, i ribaltoni.

C’è insomma adesso, di nuovo, una versione granata che piace, che affascina, che intriga. A riprova del fatto che – con il patrimonio di storia, affetto e simpatia che si porta appresso – al Toro basterebbe davvero poco per riconquistare la visibilità perduta in questi anni di depressione, per risultati e sentimenti. Nicola è l’uomo copertina dello stesso giornale che poco meno di un mese fa aveva riportato le confessioni di Tony Dorigo, l’ex difensore granata che ha sviscerato confusamente i fatti relativi ad una presunta combine orchestrata dal Toro nel 1998. Un racconto lacunoso, spazzato via dal miracle-worker. Un uomo, Davide Nicola, chiamato all’ennesima impresa. Da profeta in patria, la sfida più affascinante e rischiosa di tutte. Ma anche quella perfetta per una persona così.

La Torino riflessa negli occhi di Antonio Sanabria non ha la fisionomia della Mole Antonelliana, il verde del Parco del Valentino o, men che meno, quello del Filadelfia. Mentre i suoi nuovi compagni di squadra lavorano per centrare l’obiettivo minimo – ormai diventato obiettivo e basta – della salvezza, l’attaccante paraguaiano trascorre infatti lunghe giornate tra le quattro mura di una stanza d’albergo. La stessa che lo ospita, ormai, da oltre due settimane. Nelle vesti di scalpitante rinforzo per l’attacco del Torino in un primo momento, in quelle di soggetto in quarantena a causa della positività al Coronavirus da quando il tampone ha dato l’infausto esito.
La cronostoria del ritorno in Italia del ventiquattrenne di San Lorenzo è risaputa: la sera del 27 gennaio l’arrivo all’aeroporto di Linate, il giorno successivo le visite mediche, quello dopo ancora – all’ultimo test prima dell’inserimento nel gruppo squadra – l’evidenza della positività. Da allora sono passati ben più dei dieci giorni imposti dal protocollo della Figc per quei calciatori che risultino asintomatici nel corso dell’isolamento: questo significa che, al primo tampone negativo, Sanabria potrà unirsi alla squadra e cominciare a tutti gli effetti la sua avventura in granata. Uno scenario che – in linea teorica – non lo esclude ancora dalla sfida di domani al Grande Torino contro l’ex Genoa, club in cui tra il 2019 ed il 2020 aveva collezionato 39 presenze e 9 reti. Ma i tempi sono stretti – la guarigione deve essere comunicata al massimo a 24 ore dall’inizio della partita in cui si ha intenzione di schierare il giocatore – e l’apporto che potrebbe assicurare ai compagni relativo.
Sanabria non scende infatti in campo da Betis-Real Sociedad del 26 gennaio, partita di Coppa del Re in cui – per altro – era stato espulso ad un quarto d’ora dal termine. Ma, soprattutto, da quel giorno non ha più avuto modo di allenarsi, tra viaggi aerei, visite mediche e la suddetta positività. Il paraguaiano si sta tenendo in forma grazie alle tabelle personalizzate ricevute dallo staff granata, ma correre al Filadelfia è un conto e fare qualche esercizio statico in albergo un altro. Così, a cercare di tenerne alto il morale, sono i tanti messaggi ricevuti in questi giorni d’attesa dai nuovi compagni, a partire da un altro sudamericano come Ansaldi: «Dai, fratello, ti stiamo aspettando: un abbraccio, campione!», l’incoraggiamento a mezzo social.
Ma soprattutto c’è lo smisurato affetto della sua famiglia: quello della compagna Maria e della figlia Arianna, volate con lui in Italia ed entrambe già immortalate su Instagram con indosso una casacca del Torino. «Le mie tifose più incondizionate», il commento carico di sentimenti a margine delle foto a vivaci tinte granata da parte dello stesso Sanabria, che per loro ha naturalmente un posto speciale nel proprio cuore. «Con l’arrivo di mia figlia e quello di mister Nicola mi sento rinato: diventare papà mi ha cambiato l’esistenza, il tecnico invece mi ha dato quella fiducia che gli altri allenatori mi avevano negato», aveva confidato ai tempi della sua avventura genoana mischiando affetti e lavoro. E sottolineando, con il senno di poi, il motivo più profondo del suo trasferimento invernale dalla Liga alla Serie A. Se la positività al Covid gli ha permesso di scontare un turno di squalifica senza rimpianti in occasione della trasferta a Bergamo, ora ne sta inevitabilmente rallentando l’inserimento in gruppo. Processo che, però, potrà essere velocizzato proprio dall’empatia con Nicola. Il tecnico non vede l’ora di riabbracciarlo in campo, non appena sarà tornato negativo. Se non entro oggi, in vista della trasferta a Cagliari di venerdì sera.


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