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La strigliata di Andrea Pirlo? No. Il discorso del presidente Andrea Agnelli al gruppo, magari previo blitz improvviso durante l’allenamento? Nemmanco. Tutti concordi in casa Juventus: «Non ce n’era bisogno».

E perché non ce n’era bisogno? Perché – confidano i vertici bianconeri – una malafigura come quella fatta contro il Porto è già di per sé sufficientemente evidente, eclatante, imbarazzante. Approccio sbagliato, svarioni individuali, reazione quasi inesistente, errori tattici… Un pot-pourri di inadeguatezze tale da stimolare in modo autonomo l’amor proprio e l’orgoglio dei singoli giocatori. Ergo spronarli ad una reazione all’altezza, a partire appunto dalla sfida di questa sera contro il Crotone.

Parola di Pirlo: «Con il presidente ho parlato io, ma in realtà ci parlo sempre… Era con noi in Portogallo, quindi questa volta abbiamo parlato subito. In settimana, comunque, non è intervenuto: non c’era motivo per dare uno scossone ai ragazzi perché sapevamo noi in primis di non essere stati da Juventus». E, aggiungiamo noi, probabilmente non è intervenuto anche perché facendolo avrebbe implicitamente mandato un messaggio che poteva risultare un po’ delegittimante la figura dell’allenatore, lasciare intendere che non avesse piena padronanza della situazione.
Ancora, il tecnico bianconero: «Non ha parlato il presidente e per lo stesso motivo non ho fatto strigliate io.

La voce l’avevo alzata a fine primo tempo, semmai. Perché non mi era piaciuto il modo in cui avevamo gestito la gara. Ma alla ripresa degli allenamenti abbiamo semplicemente analizzato gli errori, senza strigliate perché non c’è bisogno di alzare la voce quando sai di avere fatto male. Non serve dare la scossa dopo un ottavo di finale perso e giocato così. La voce, al limite, la si alza quando qualcuno pensa di aver fatto bene».

Detto ciò, comunque, Pirlo spiega di non essere propenso ad allarmismi ed esagerazioni. Riconosce appunto quanto male abbia giocato la Juventus in Champions Legaue, tuttavia ampliando il raggio d’analisi tende a sottolinare gli aspetti positivi. Andando anche oltre i risultati, se è il caso. Come ad esempio fa ripensando a Napoli: «Ammetto che contro il Porto avremmo dovuto fare di più e meglio, ma non sono d’accordo con chi sostiene che abbiamo giocato male anche contro il Napoli. Tutto sommato la prestazione non era stata così negativa visto che abbiamo perso una partita in cui non abbiamo subito tiri in porta ad eccezione del rigore di Insigne.

Ciò significa che in sostanza abbiamo sbagliato una gara dopo un lungo periodo di risultati molto positivi. Una battuta d’arresto ogni tanto è inevitabile in una stagione così piena di impegni: pensate che in un mese e mezzo abbiamo praticamente giocato il corrispettivo di metà campionato. Sapevamo già in estate che avremmo dovuto fare i conti con infortuni e cali di concentrazione. L’imporante, ora, sarà innanzitutto battere il Crotone e tornare in carreggiata. Tornare a giocare da Juventus. Il Crotone gioca bene a calcio. Nonostante non abbia sempre fatto risultato, ha comunque provato a imporre la propria filosofia di gioco. Sta mostrando cose interessanti».

Certo, però, i pochi punti fatti (12) e i tanti gol subiti (52) impongono una vittoria sonora e convincente per i padorni di casa allo Stadium. Anche perché l’Inter ha dato segnali mica da ridere ieri, ed è pronta a scappare. A proposito: «Qualitativamente non sono avvantaggiati, l’unico aiuto che hanno arriva dal calendario visto che essendo fuori dalle coppe avranno partite in meno da giocare»

Questa sera ci riproverà. Aaron Ramsey contro il Crotone riproverà a conquistare la Juventus per l’ennesima volta da quando l’anno scorso debuttò da titolare alla quarta di campionato, contro il Verona. Già in ritardo, perché reduce dal grave infortunio muscolare che ad aprile 2019 gli aveva fatto chiudere in anticipo la sua ultima stagione all’Arsenal. Ritardo che pareva però aver recuperato subito: suo il gol del pareggio in quella sfida, prima che Ronaldo firmasse la vittoria bianconera.

D’altra parte i gol erano e sono uno dei contributi che la Juventus si aspettava maggiormente dal centrocampista gallese, quando decise di ingaggiarlo a parametro zero, concedendogli un ingaggio da 7 milioni a stagione. Aspettative fondate, viste le 64 reti in 369 partite nell’Arsenal, ma disattese a causa dell’avverarsi di un altrettanto fondato timore: quello per la fragilità muscolare di Ramsey, per giunta aumentata dal citato brutto infortunio di quasi due anni fa, quando aveva già firmato con la società bianconera. Così, dopo quel gol al Verona, la stagione del gallese è proseguita tra uno stop e l’altro, mentre Sarri cercava la posizione giusta in cui impiegarlo: prima trequartista, poi mezzala. Tra febbraio e marzo di un anno fa sembrava aver svoltato: gol alla Spal (il 22 febbraio, 12 mesi fa esatti), gol e assist per Dybala contro l’Inter.

Sul più bello però arrivò lo stop per il lockdown e dopo la ripresa in estate Ramsey ha faticato. L’arrivo di Andrea Pirlo è sembrato poterlo rilanciare. Il nuovo tecnico è rimasto stregato dalla sua intelligenza tattica e Ramsey è subito diventato il titolare nel delicato ruolo di esterno-trequartista: centrocampista di fascia nel 4-4-2 difensivo, pronto ad accentrarsi e inserirsi in avanti in fase offensiva. Titolare quando è stato disponibile, però, perché anche in questa stagione affaticamenti e infortuni lo hanno costretto a un rendimento altalenante. Nel frattempo Weston McKennie, partito come mediano, si è imposto proprio nel ruolo che Pirlo, nella prima Juventus immaginata, aveva riservato al gallese: meno tecnica e meno esperienza, ma molta più esuberanza atletica e senso dell’inserimento non da meno, il texano ha superato l’ex Arsenal fermo ai box.
Oggi Ramsey tornerà in pista da titolare dopo i pochi minuti di Porto, forse proprio nel ruolo fin qui sempre occupato con Pirlo, visto che le assenze contemporanee di Arthur e Rabiot potrebbero riportare McKennie al centro. Non è da escludere, però, l’ipotesi che l’allenatore bianconero schieri invece al centro il più tecnico Ramsey. Da esterno-trequartista o da centrale (o, ipotesi meno probabile, a partita in corso), comunque Ramsey stasera ripartirà alla conquista della Juventus. Per arrivare al traguardo sarà indispensabile che riesca a star bene fisicamente con continuità: ricominciare l’inseguimento con una bella prestazione e una vittoria, però, lo avvicinerebbe. Ramsey ci riprova.
Se per la Juventus i calci di punizione devono tornare ad essere un’arma letale, nonché uno strumento in più per far sfogare le varie bocche da fuoco dello schieramento di Andrea Pirlo, urge correre ai ripari. E magari provare e riprovare e riprovare durante la settimana, nei rari giorni in cui il calendario ti concede il “lusso” di un leggero distacco dalle partite, al netto della necessità di concedere un giorno di riposo ai giocatori. Alla Continassa non c’è nessun allarme per la penuria di gol segnati su punizioni dirette, nel senso che ci si dedicava già da un po’ al perfezionamento del fondamentale. Ma il fatto che la prima rete stagionale si faccia attendere affina l’ingegno e acuisce la fame dei diretti interessati. Vale a dire, su tutti: Cristiano Ronaldo, Paulo Dybala, Dejan Kulusevski, Federico Bernardeschi.
Sì, anche l’ex Fiorentina del quale si ricorda almeno una punizione straordinaria ai tempi viola. Era il 16 febbraio 2017, lo stadio era il Borussia Park di Moenchengladbach, la competizione era l’Europa League all’altezza dei sedicesimi di finale e quel sinistro che s’incamminò verso l’incrocio è ancora bello da vedere. Meno spettacolare, ma egualmente efficace, fu il mancino che trafisse Marco Sportiello, allora portiere della Fiorentina, il 9 febbraio 2018 in campionato: gol sul palo dell’attuale numero 57 atalantino, ma traiettoria del carrarino da godere per intero. Dunque: Berna, CR7 cioè mister 32 punizioni realizzate nei soli campionati, la Joya (10), Kulusevski. Come dire: a parte Ronaldo che rappresenta un mondo a sé stante, tre calciatori il cui sinistro deve tornare a cantare. Anche per aggiornare e dare una sistemata a numeri non da Juventus. Secondo i calcoli di Opta, infatti, i bianconeri hanno segnato 23 volte su punizione diretta nelle ultime cinque stagioni e mezza. Dal 2015-16 a oggi il picco è stato raggiunto con le 8 (considerando tutte le competizioni) che contrassegnarono l’annata 2017-18, seguono le 7 del 2016-17, le 4 del 2015-16, quindi le 3 del 2019-20, l’unica del 2018-19 e l’insopportabile zero della stagione in corso. Un altro dato interessante riguarda il numero di punizioni dirette calciate: si passa dalle 55 dell’annata 2017-18 alle 45 del 2015-16, ma occhio alle 58 della stagione juventina con Maurizio Sarri al timone. Cinquantotto, di cui 3 trasformate in gol: numeri non indimenticabili, al pari delle 19 punizioni di quest’anno, nessuna delle quali realizzate. Anzi, spesso respinte dalla barriera come documentano i vani tentativi di Cristiano Ronaldo.
Nessun dubbio sul fatto che si possa e si debba rimediare a tale problema, però i tempi stringono e soprattutto contro avversarie che tendono a farti giocare male – lo si dice tuttora dell’Atletico Madrid e mettiamo nel conto anche il Porto da provare ad eliminare il 9 marzo in Champions – far gol su punizione può rivelarsi un’arma determinante. Succedeva anche nell’ultimo anno di Allegri (Max era solito stilare una sua gerarchia che contemplava Ronaldo sui calci da lontano e la coppia Dybala-Pjanic in posizione più vicina alla porta) e pure una stagione fa, quando il gioco dei campioni d’Italia si basava molto sul possesso e la ricerca delle combinazioni con palla bassa ostacolava altre priorità. Chissà che il ritorno di Dybala non sia un segnale…


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