Torino – Fiorentina come vedere Streaming Gratis Diretta Live TV Sky o Dzan?

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Conta lo spirito. Più di tutto e più di tutti. Più dei singoli, dei sistemi e delle giocate individuali. Davide Nicola, a poche ore dalla sfida con la Fiorentina, è stato chiaro. «Dobbiamo lavorare per diventare una cosa unica, granitica, sola. Dobbiamo creare al più presto un’identità di gruppo forte. In questo pochi giorni di allenamento ho instaurato con i ragazzi un rapporto schietto. Kobe Bryant diceva che se noi non crediamo in noi stessi, nessuno lo farà.

E ai miei ragazzi ho ricordato proprio questo. Il Toro deve diventare una famiglia». E continua. «Io non vivo di aspettative ma di lavoro. La partita di Benevento la considero una prima tappa verso una lunga corsa che ci dovrà portare a quello che vogliamo. Bisogna tirarci fuori da una classifica che non ci piace e l’obiettivo è quello di salvarci». Nicola va dritto al problema. Inutile farsi illusioni. Il Toro arriva da stagioni in cui sono stati commessi tanti, troppi errori e in questa ne sta pagando fino in fondo le conseguenze, dopo aver già rischiato pochi mesi fa.

Senonché, le parole del nuovo tecnico sono improntate all’ottimismo, alla fiducia ai giocatori che troppo spesso hanno deluso. E allora riparte da quel 3-5-2 che la squadra conosce a memoria sin dai tempi di Mazzarri. Ma per Nicola tutto ciò è relativo. Nel senso che si comincia con questo sistema, ma non è detto che non si possa cambiare. «Il modulo è relativo. E’ importante cominciare da quello che conoscono meglio i ragazzi, dopodiché plasmerò i miei principi. L’aspetto importante è trovare un’identità e un’espressione di gioco. In seguito, considerando anche le caratteristiche degli avversari, vedremo il da farsi».

Nicola ha subito fatto capire che preferisce non parlare di singoli, visto che nel suo modo di intendere il calcio è il collettivo quello che conta. Ma stavolta non può sottrarsi a fare una strappo alla sua rigidissima regola. «Sì, vero. Non mi piace parlare di individualità. Che volete sapere? Zaza che vi ha colpito? A dire il vero è stato lui a colpire me con una prestazione importante. Io, nei giorni prima della sfida di Benevento, gli aveva semplicemente detto quello che pensavo di lui e quello che volevo facesse. E mi ha fatto capire che posso contare su di lui. Se può coesistere con Belotti? Nella mia squadra sono tutti compatibili e tutti importanti. L’abilità sta nel cogliere l’attimo.

Per me quelli che giocano pochi minuti sono fondamentali come quelli che scendono in campo dall’inizio. Chiaro che con il tempo ci sarà chi gioca più di altri, questo è fisiologico ed è sempre stato così, ma è fondamentale diventare un gruppo. Il Gallo lo vedo bene, ha l’atteggiamento giusto ed è uno che dà sempre tutto. Sta diventando completo. Deve essere in grado i far gol ma anche di rifinire. Quando arretra può servire un compagno in posizione favorevole. E lo sta facendo. Sta diventando un assist man importante oltre che grande finalizzatore. Abbiamo tanti giocatori con qualità morali importanti e uno di questi è Sirigu. Ogni allenatore vorrebbe avere nella sua squadra un portiere come lui».

La chiosa è per il settore giovanile. «Certo che lo seguo. Quello granata è uno dei più importanti d’Italia. Lo è stato e lo è ancora oggi. Non sono riuscito ad andare a vedere la partita vinta contro il Milan perché in questo momento sono concentrato 24 ore al giorno sulla prima squadra: ci andrò appena possibile. Intanto ci ho mandato il mio vice. I ragazzi della Primavera devono sentirsi parte integrante della prima squadra».

Se stasera battesse il Torino, Prandelli festeggerebbe la 100ª vittoria in Serie A con la Fiorentina. Un traguardo prestigioso, l’ennesimo da aggiungere nella già nutrita bacheca di record centrati da allenatore nella storia del club, tra la precedente gestione (2005-2010) e quella attuale iniziata a novembre al posto dell’esonerato Iachini. Considerando che è pure ad un passo dal 150° successo complessivo nel massimo campionato (gliene mancano appena due) si può ben capire cosa e quanto rappresenti per lui e per la sua carriera il colore viola. Ma Cesare non è tipo da crogiolarsi più di tanto sui numeri personali. Figurarsi poi alla vigilia di una trasferta come quella di stasera, che non esita a definire un vero e proprio scontro salvezza. «Perché ancora noi non siamo fuori dalla zona calda e il Toro visto a Benevento mi ha fatto una grande impressione. Insomma non mi fido».

I 7 punti di vantaggio con i quali la Fiorentina si presenterà al cospetto della squadra di Nicola non rappresentano dunque per il tecnico viola un margine in grado di far dormire sonni tranquilli. Senza contare i punti di forza dello stesso Torino che – secondo Prandelli – vanno ben oltre quelli che attualmente lo pongono al terz’ultimo posto. «Andiamo ad affrontare una squadra già forte fisicamente di suo che ha appena cambiato allenatore, con le sue idee e il suo modo diverso di far giocare. Adesso i granata sono più più concreti e lo dimostra la grande rimonta fatta su un campo difficile come quello di Benevento. Dunque dovremo stare molto attenti e concentrati, ci aspetta una sfida difficile, delicata in cui dovremo mantenere la mentalità vista con il Crotone. L’obiettivo è trovare continuità fino alla conquista della salvezza». Tradotto: guai ripetere gli errori commessi nella disfatta di Napoli, meglio badare unicamente al sodo. «Non è detto che giocare da provinciale non faccia rima con qualità».

Nelle trasferte affrontate in questo inizio 2021, contro Lazio e Napoli, i viola hanno raccolto zero punti e incassato ben 8 gol. Sembra passato un secolo dal 3-0 conquistato in casa Juve prima di Natale, unico seppur prestigioso successo esterno finora in campionato per questa Fiorentina che se vorrà centrare il bis dovrà fermare Belotti & C. «Ma il Toro non è solo Andrea, lui è un punto di riferimento importante ma penso anche a Zaza e alla sua grande prova con il Benevento – sospira Prandelli che da ct azzurro convocò l’attaccante di Policoro per uno stage a Coverciano – Simone è un giocatore di una generosità straordinaria e questo talvolta finisce per andare a discapito della precisione. Ma è uno sempre molto temibile e con Belotti forma una coppia pericolosa». Il tecnico spende parole al miele anche per il neo acquisto granata Sanabria, l’ex Betis che lo stesso Prandelli ha avuto nel Genoa e incrociato nella Liga ai tempi del Valencia. «E’ uno dei calciatori di maggior talento che abbia mai avuto, può fare tutto in campo, e ora che è diventato padre sarà ancor più carico e maturo». Insomma, complimenti a chi l’ha preso.

Dal canto suo Cesare si coccola il suo giovane bomber, Dusan Vlahovic, 6 gol nelle ultime 8 partite e tanta voglia di festeggiare come si deve il 21 anni compiuti ieri (stesso giorno di Buffon): «Gli faremo trovare le candeline e, conoscendolo, avrà grandi motivazioni contro Belotti e compagni – ammicca il tecnico – Ma gli chiedo di migliorare ancora lì davanti, per fortuna è giovanissimo e può crescere ancora molto, spero mantenga sempre questa motivazione a finalizzare il gioco della sua squadra». L’attaccante serbo registra, si tiene stretti i tanti auguri ricevuti (compresi quelli di Ribéry che sui social lo chiama affettuosamente «mio piccolo frarello») e ai microfoni di Sky conferma: «Ho fame, voglio fare sempre meglio e diventare un grande calciatore. Giocare insieme a Ribéry è molto stimolante e sono grato a Prandelli che ha puntato su di me. Farò di tutto per ripagare sempre la sua fiducia. Il rinnovo? Ad ora con i miei agenti non abbiamo ricevuto proposte, siamo in attesa – dice Vlahovic in scadenza nel 2023 – Comunque io amo Firenze e questa maglia quindi perché non restare?». Chissà se la Fiorentina sarà lesta a sfruttare l’assist. Lo stesso vale per il futuro di Prandelli il cui accordo si esaurirà a giugno: «Non sarò mai un problema per la Fiorentina, darò massima disponibilità su tutto, poi sarà la società a decidere». Ora però la priorità si chiama Torino. E quella vittoria numero 100…

Come può cambiare il mondo in pochi mesi. Soltanto a fine luglio Armando Izzo era considerato alla stregua di una mela marcia, in casa Toro. Troppo brutto il suo girone di ritorno, al pari di quello della squadra. Ma c’è una cosa che aveva mandato i tifosi in bestia, un post su Instagram in particolare. Dopo il pari contro la Spal, che ha consegnato l’aritmetica salvezza ai granata, scriveva: «Dopo un anno così difficile godiamoci questo traguardo». Godere è un’altra cosa, insomma.

Poi qualche ammiccamento social alla Roma, svanita nel nulla quando si è trattato di sedersi al tavolo di Cairo. E quindi un altro avvio di stagione tremendo, con Izzo prima infortunato e poi ai margini del progetto Giampaolo. La risatina con De Paul – inopportuna, perché esageratamente a favore di telecamera – al fischio finale dell’orrenda gara contro l’Udinese poteva essere catalogata come l’ultimo oltraggio alla bandiera granata. Poi, però, Armando ha riscoperto se stesso. Rispolverando il proprio orgoglio.
Tutti lo davano per finito, in tanti aspettavano con gioia che lasciasse Torino. Lui no. Prima ha salvato Giampaolo – o meglio, ne ha rimandato l’esonero – a Napoli: gol, prestazione e messaggio di sostegno incondizionato per l’allenatore che aveva iniziato a considerarlo solo in piena emergenza. E così ha scacciato via il mercato: gennaio avrebbe dovuto essere il mese dell’addio, ma è diventato quello del rilancio.

Basti ricordare la partita di Benevento: prende una botta in testa terrificante, ma rimane in campo rischiando sulla propria pelle. A fine primo tempo lo costringono ad alzare bandiera bianca, perché fosse stato per lui non avrebbe mai abbandonato Nicola durante la sua prima notte da allenatore del Toro.
La dimostrazione di attaccamento alla maglia emerge anche da un divertente racconto di Piero Chiambretti a Radio Sportiva. Il conduttore di Tiki Taka inizia così: «Ho incontrato per strada Izzo. Gli ho detto: “Stai per andartene”. Lui mi ha subito risposto: “No, io voglio rimanere”». E lo incalza: «Però hai giocato male…». Armando replica: «Non solo io, ma tutta la squadra: da un anno e mezzo non siamo più quelli di prima. E non so cosa ci manchi». Allora Chiambretti, scherzosamente, lo pungola: «Col Toro sei riuscito a conquistarti la nazionale, concentrati sia per te stesso che per la squadra». E Izzo chiude così, con un sorriso: «Da due anni dicono che io debba andare via, invece sto benissimo qui».
Parole accompagnate dai post. Quello di ieri mattina, al Filadelfia, è significativo: «Contro la Fiorentina purtroppo non ci sarò per la botta alla testa nella partita scorsa. Sto soffrendo molto, ma sono vicino a voi e da qui alla fine ogni partita sarà una finale. Sempre forza Toro». Quando l’assenza vale quanto, se non più della presenza. Prima gli si rimproverava il contrario, ma ora guai a chi tocca Izzo. Il Toro ha bisogno di uomini, prima ancora che di calciatori validi, per rimanere aggrappato alla Serie A.


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